Si può morire di paura?
Me lo chiedo da quando sono qui, a terra, al
centro della stanza, le gambe incrociate, le
mani aggrappate alle caviglie, lo sguardo fisso
sul biancore della suola delle Converse, per
non guardarmi attorno.
Saranno trascorsi… forse un paio di minuti da
quando ho scavalcato il davanzale per entrare
nella sala polverosa, ancora arredata da
fantasmi di mobili le cui ombre, al chiarore
della luna piena, potrebbero farmi impazzire.
La casa infestata.
Così la chiamava mio fratello maggiore,
quando da bambini ci passavamo di corsa,
incapaci di fermarci a guardare. Le mura di un
grigio cupo, spento, come se i colori non
esistessero; le finestre a volte sbarrate da grate
di assi sconnesse, a volte aperte e buie, con le
imposte appese per un solo cardine, o
mancanti del tutto; la piscina ammorbata da un
fondo verde e melmoso di acqua piovana,
sovrastata da nubi d’insetti e circondata,
tutt’intorno, dai contorni grigiastri di
generazioni di alghe, morte di sete durante
l’estate; la serra assediata, da dentro e da fuori,
da cespugli opulenti, cresciuti a ridosso dei
vetri istoriati ormai quasi ciechi; e su tutto il
profumo dei fiori che cresceva e cresceva,
come la gola di un rospo, arrivando ad
afferrarci là, sulla ghiaia che sostituiva il
marciapiede, sparsa fra la recinzione e la
strada.
Non che ci credessi, allora, ma correvo,
facendo crocchiare i sassolini sotto le scarpe.
Non che ci creda, adesso, altrimenti non sarei
qui, proprio la notte di Halloween, a
rabbrividire di freddo e… paura, solo per una
stupida scommessa. Solo per dimostrare che
ora, a distanza di anni, sono grande abbastanza
da uscire con loro, con mio fratello e gli altri.
Ma… si può morire di paura?
Perché potrei… sì, potrei credere di vedere o
sentire qualcosa. E quel qualcosa potrebbe
spaventarmi al punto da… Dopotutto, ci sono
state tre morti improvvise, nella mia famiglia,
tutte avvenute prima di compiere i
quarantacinque anni, tutte catalogate con una
definizione che non è un motivo. Arresto
cardiocircolatorio non vuol dire niente, è solo
un altro modo per dire morte. Nessuno vive se
ha il cuore immobile e il sangue stagnante, se
non, forse, i vampiri. Ma i vampiri non
esistono.
Meglio non rischiare. Meglio ridurre
ulteriormente il mio campo visivo, mettendo i
palmi delle mani attorno agli occhi come una
visiera, e continuare a guardare la suola delle
scarpe perché… chiuderli del tutto… sarebbe
ancora peggio.
Quanto tempo sarà trascorso? Non lo so. Non
molto, credo. Mi avvertiranno, quando sarà
passata l’intera mezz’ora. Non porto
l’orologio, (e chi lo porta, ormai, fra chi ha
meno di trent’anni?) e mi hanno tolto il
cellulare. Sono… irraggiungibile. Se mi
accadesse qualcosa, nessuno lo saprebbe,
almeno non nei prossimi venticinque minuti.
Potrei trascorrere il tempo così, contando fino
a sessanta per venticinque volte ma… sai che
palle. Mmfh. Ho quasi sorriso. Non è così
male, se impedisci al buio di premere contro la
tua schiena indifesa, se non guardi verso la
soglia della porta aperta sul corridoio, se non
immagini…
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