Lugano
No, no, no!
Giulia Ferri chiuse la porta d'ingresso dietro di
sé e mosse qualche passo lungo il corridoio. In
quel silenzio ovattato, le suole degli stivali
rimbombavano come zoccoli. O forse era solo
la tensione a esasperare le sue percezioni.
Non puoi…
Cauta, si avvicinò all'uomo e gli appoggiò due
dita sul collo barbuto.
… essere morto.
Il cuore non pulsava, il torace era immobile. In
quel corpo non c'era più vita. A giudicare dalla
chiazza di sangue secco sotto la testa, il
poveretto era stecchito da parecchie ore. Ferri
sospirò.
Maledetto.
Spinta dallo sconforto e da un pizzico di
frustrazione repressa colpì il cadavere con la
punta del piede.
Imbecille, non ti avevo ancora concesso il
permesso di morire. Adesso a chi cavolo
chiedo?
Si era appena resa conto di aver sprecato oltre
due mesi dietro una persona che ora non
respirava più. Si sedette a gambe incrociate
accanto al corpo e appoggiò la schiena contro
la parete ruvida. Dalla tasca del gilet imbottito
estrasse il cellulare e ne scorse la rubrica.
Indecisa su come procedere, fissò a lungo il
nome evidenziato. Il pollice tentennava a pochi
millimetri dallo schermo tattile.
Cosa m'invento ora?
Una nuvola oscurò per un istante il sole al
tramonto. Quando la luce tornò, Ferri sgranò
gli occhi, colpita da una rivelazione piuttosto
ovvia. Nonostante fosse stata la prima
stranezza ad aver catturato il suo sguardo, era
come se il cervello ingolfato avesse impiegato
parecchi minuti a elaborare l'informazione.
Strisciò con il sedere sul parquet scheggiato in
più punti, fino a raggiungere l'uomo. Osservò
l'oggetto allungato, incredula. Piegò la testa di
lato e la treccia castana le scivolò oltre la
spalla.
Ma che diamine…
«Marco?»
Tuonò una voce maschile piuttosto roca.
Giulia sussultò, trattenendo a stento un
gridolino.
Il nuovo arrivato picchiò con decisione contro
il legno della porta.
«Marco, ci sei?»
L'uscio tremò.
«Oh, coglione, cosa combini? Avevamo
appuntamento mezz'ora fa!»
Avanzando carponi, Giulia raggiunse il bagno,
dove si nascose. Respirò a fondo, come le
avevano insegnato al corso di meditazione, e il
cuore rallentò la propria corsa. Recuperato un
briciolo di lucidità, analizzò la situazione.
Non si metteva bene.
Era intrappolata in un appartamento al quarto
piano in compagnia dell'inquilino morto,
mentre qualcuno bussava con insistenza alla
porta. E se solo l'uomo avesse abbassato la
maniglia, si sarebbe trovato davanti al
cadavere lungo e disteso. Come se non
bastasse, Giulia aveva disseminato l'intero
corridoio con le proprie impronte digitali.
Bella mossa, brava!
Non si metteva per nulla bene.
In un'altra camera un cellulare cominciò a
squillare, riproducendo il fastidioso trillo di un
telefono in bachelite degli anni cinquanta.
No dai, non puoi… merda!
Messa alle strette, Ferri decise di agire. Si sfilò
gli stivali e le calze e uscì dal bagno; raggiunse
l'uscio e vi appoggiò contro una spalla.
Siccome il corridoio era immerso nella
penombra e la luce filtrava dal pianerottolo,
confidava che nessuno potesse vedere l'ombra
dei suoi piedi muoversi nello spiraglio sotto la
vecchia porta. Un leggero spiffero le solleticò
le dita nude. Giulia iniziò a fissare la maniglia,
pregando che non si abbassasse.
L'uomo starnutì e l'eco rimbalzò per la tromba
delle scale.
Bussò ancora, con forza, e lei comprese che
non sarebbe mai riuscita a tener chiusa la
porta, se l'altro avesse deciso di spingere con
decisione. Lo sentì imprecare sottovoce.
«Il solito segaiolo! Fai come credi, tanto sei tu
che perdi un'ottima occasione…» Commentò
poi. Poco dopo il rumore di passi si affievolì,
fino a sparire inghiottito dal silenzio.
Giulia sospirò.
Dopo alcuni minuti trascorsi con l'orecchio
teso, recuperò gli stivali e si mise a perlustrare
le tre stanze. In cucina scovò un portatile, uno
smartphone e un tablet nuovo di zecca. Ficcò
tutti e tre in una borsa della spesa e decise che
era giunto il momento di andarsene.
Prima di abbandonare l'appartamento, gettò
un'ultima occhiata allo sfortunato inquilino.
Che brutta morte. Spero tu abbia almeno avuto
la decenza di trascinare i tuoi dannati segreti
nella tomba.
Tornata in strada, saltò sul primo bus in
partenza per il centro città, verso il suo
albergo, con un'unica, pressante domanda in
mente: come diamine glielo spiego? Stavolta
mi uccide.