………UNA PICCOLISSIMA PARTE
DELLA MIA VITA RACCHIUSA IN UN
GIORNO.
AL MIO FIANCO GLI AMICI DI SEMPRE.
QUELLI DELLE PARTITE A CALCIO E
DELLE VO-LATE CON LA BICICLETTA.
QUELLI DELLE AVVENTURE E DELLE
SCAZZOT-TATE; TRA LUOGHI ANCORA
PRESENTI E SPAZI DI MONDO ORMAI
PERSI PER SEMPRE.
A CAVALLO DEL BOOM MUSICALE E
TELEVISIVO, CON LA LEGGEREZZA E
SEMPLICITA’ DEI MIEI DIECI ANNI.
TRA MITI E PERSONAGGI REALI,
SUPEREROI E COMPAGNI DI VITA CHE
ANCORA FANNO PARTE, ANCHE SOLO
PER POCHI MINUTI, DELLA MIA PAS-
SEGGIATA GIORNALIERA.
FATTI REALMENTE ACCADUTI, PICCOLI
SCAMPOLI DI GIORNATA CON UN
LEGGERO SOFFIO DI FANTASIA, DOVE
LE NOSTRE CASSE DI RICORDI SI SONO
RIEMPITE DI MOMENTI UNICI E
INDIMENTICABILI………
Con Dialoghi in dialetto....
Il
sole dalla finestra
Il primo giorno di vacanza, di quel sabato di
Giugno, si aprì con il mio amico sole che
faceva l’occhiolino da dietro la persiana
socchiusa. La dolce e fresca aria che entrava
da fuori mi dava il benvenuto alla prima
giornata del periodo vacanziero. Da dietro la
porta chiusa, rumori e movimenti, mi facevano
sapere che mia madre era in attività da un
pezzo e ,allungando l’orecchio, forse già in
dirittura d’arrivo.
Dopo una bella stiracchiata scesi dal letto e
scal-zo(ancora oggi uso raramente le ciabatte)
mi avvicinai verso la cucina.
« Buongiorno Ma’».
« Buongiorno, già ti sei alzato?», rispose mia
madre con il latte già pronto sul fornello( dopo
tutti questi anni non ho ancora capito come
faceva).
« Perché che ore sono?».
« Le otto e un quarto».
« Vabbè ,ormai me sò alzato».
« Che biscotti vuoi con il latte?».
«Quali ce stanno?»
« I Novellini e i Bucaneve».
Per me la battaglia era ardua ma, come tutte le
mattine finiva in pareggio; sei per “squadra”.
Ma la cosa superlativa era il mare bianco dove
farli tuffare; il LATTE.
Trovarne uno, oggi , che è buono la metà di
quello è quasi impossibile, ma negli anni
ottanta ragazzi. Negli anni ottanta era
fantastico. Ogni sorso portava con se l’odore
dei fiori e il sapore della campagna inconta-
minata. Il lavoro paziente e l’amore dei vecchi
alleva-tori. Insomma, il sano vivere di quegli
anni.
Il tavolo della cucina era posizionato davanti al
cami-no e ogni mattina, per tutto l’anno,
trovavo uno dei miei giochi a farmi
compagnia.
In quel momento trovai il mio mitico Cubo
Magico. Finita la colazione me ne tornai in
camera per conti-nuare l’eterna battaglia con il
Cubo. Ogni giorno completavo dalle tre alle
quattro facciate, ma pun-tualmente andavo a
dormire la sera con tutti i colori mischiati per
l’arrabbiatura( lo completai barando qualche
anno dopo, staccando i tasselli colorati per
riposizionarli nel modo giusto con la colla).
Quando apro il cassetto della mia vecchia
scrivania ancora se la ride, il mio amato Cubo.
Presi pantaloni e maglietta andai in bagno. La
lavatri-ce girava tutta orgogliosa, con il grande
oblò che gli dava un tocco di importanza.
Completate le mie que-stioni, tutto pimpante,
presi qualche lira da sopra il camino e salutai
mia madre « A Mà io esco».
«Non fare tardi come al solito, per l’ora di
pranzo rientra».
« Va bene, promesso».
Negli anni ottanta le uniche raccomandazioni
erano queste. Nè “Non andare li”….. ne
“occhio con chi vai”…. niente di tutto questo.
C’era fiducia, c’era tran-quillità, c’era
sicurezza…..
Ma torniamo a noi.
Spalancata la porta di casa, eccolo qua, pronto
ad accogliermi a braccia aperte, il Rione
“Monti” di Magliano Romano. Calpestato ogni
singolo sasso, ogni singola pietra di quel
lembo del paese fin dal primo giorno di vita,
non potevo cominciare la giornate senza fare
un bella panoramica della “mia seconda casa”.
Qui si rideva, si litigava e si andava in
bicicletta. Nelle giornate calde ci si bagnava
nella mitica fontanella all’angolo della
piazzetta. Si giocava a nascondino e a
campana con le femmine, a biglie sul lungo
marcia-piede che finiva proprio davanti casa
mia e a pallone sulla porta di quel povero
garage che ancora oggi ha il mal di testa. Ci si
fermava all’ombra ad ascoltare le tante storie
dei vecchietti che poi, dopo la pennichella
pomeridiana, si deliziavano a guardarci nelle
nostre sfide e le tante guerre finte.
Per non parlare della prima volta che l’ho
attraversato con il fiocco e il grembiule per
andare all’asilo. Tutti i migliori ricordi sono
passati sopra questo piccolo borgo di case.
Fatta questa bella panoramica, i miei occhi si
sposta-rono verso di lei: la mia bici,
parcheggiata al solito posto, rossa, con sellino
marroncino chiaro, la mia super “ Atala
Duemila”.
Mi aspettava sempre lì, sotto la finestra,
sempre pronta per una nuova avventura. Era la
mia macchina personale, il mio robot, il mio
drago volante. Era l’emozione pura che mi
faceva volare a braccetto con la fantasia; era il
salto nell’altro mondo.