blog di Alberto Grandi
Articoli

Senza zucchero – Fame8 min read

1 Febbraio 2022 6 min read

author:

Senza zucchero – Fame8 min read

Reading Time: 6 minutes

Franco si accese una sigaretta e fissò la donna seduta dall’alta parte del bar. Era grassa. Sembrava fatta di panna montata, ma era anche sexy. Un bel bombolone pronto a scoppiare e con indosso un abito rosso fuoco. Franco continuò a fumare a guardarla.

   Miss XXL parve non accorgersi di lui. Era sola. Beveva da una cannuccia. Ogni tanto controllava il cellulare. Forse aspettava una chiamata o forse lo controllava perché non aveva altro da fare.

   Franco decise di provarci.

   Si alzò e si avvicinò.

   «Ciao.»

   Miss XXL lo guardò. «Oh, salve.»

   «Posso farti compagnia?»

   «Va bene.»

   Franco sorrise e sedette. Si presentò: «Io mi chiamo Franco.»

   Miss XXL disse: «E io Amanda.»

   «Amanda, bel nome.»

   «Tu trovi?»

   Franco annuì. «Avevo una zia che si chiamava così. Mio fratello aveva cinque sorelle e la più carina e sexy era Amanda.»

   Amanda sorrise e succhiò dalla cannuccia.

   «Che ci fai qui Amanda?»

   «Aspettavo un uomo che temo non si farà più vedere.»

   «Ah, sì?»

   Amanda annuì. Riprese a succhiare. Smise e spiegò: «Avevamo appuntamento mezz’ora fa ma non si è ancora visto.»

   «Un vero maleducato.»

   «A dire il vero, credo che sia entrato in questo bar, mi abbia vista e poi se ne sia andato.»

   Franco aggrottò la fronte. «Perché dici così?»

   «Perché io e quest’uomo non ci siamo mai incontrati. Il nostro doveva essere un appuntamento alla cieca. Una mia amica mi aveva detto che secondo lei questo suo amico era il tipo ideale per me e così aveva organizzato perché ci vedessimo. “Tu mettiti quel bell’abito rosso che indossi sempre alle feste, lui si farà trovare con una giacca verde”, aveva detto. Prima è entrato un tizio con una giacca verde, si è guardato intorno, ha mangiato qualche nocciolina e se n’è andato.»

   «E tu pensi fosse lui.»

   Amanda annuì. «Penso di sì. Probabilmente mi ha trovato… brutta.»

   Franco sfoderò il suo sorriso da seduttore da pubblicità. «Per me non sei brutta, tutt’altro. Non capisco come quel deficiente abbia potuto trovarti brutta.»

   Amanda sorrise e giocò con la cannuccia e i cubetti di ghiaccio nel fondo del bicchiere. «Sei carino. In effetti brutta non è il termine esatto perché non lo sono. Cioè, almeno non di viso. Penso di averlo bello, il viso.»

   «Hai un viso stupendo» disse Franco.

   «Grazie. Penso che la parola sia grassa. Ecco. Quell’uomo mi ha trovato grassa.»

   Franco non trovò la forza di negare quanto Amanda aveva appena detto. Sì, era grassa. Doveva pesare sul quintale e a lui piaceva proprio per questo.

   «Io ti trovo sexy anche per la tua, come dire, taglia.»

   Amanda lo fissò con occhi attenti. «Dici veramente?»

   Franco annuì. «Sono sincero» lo era; non stava mentendo. «Hai qualcosa che… posso parlare liberamente?»

   Amanda disse di sì.

   «Io penso che la tua abbondanza di taglia sia anche abbondanza di bellezza. Sei grassa ma sei anche immensamente bella. Io penso che sarebbe un peccato mortale rinunciare anche a un solo grammo della tua sensualità nel nome di un’ideale di bellezza che ci è stato imposto dalle riviste e dalla tv.»

   «Tu credi?»

   Franco disse: «Ma certo, senza dubbio.» Ormai era partito in quarta. «Una donna non dovrebbe dimagrire. Non dovrebbe mostrare le ossa, ma le curve. Agli uomini non interessa che siate slanciate, magre e spigolose. Quando vi tocchiamo, vogliamo sentire qualcosa tra le mani.»

   «Oh, beh, quando gli uomini mi toccano, ne sentono di roba, forse troppa!» ridacchiò Amanda.

   Franco si avvicinò a lei e sussurrò: «Mi piacerebbe toccarti, sai? Vorrei tanto sentirti.»

   Amanda sfoderò un sorriso birichino. «Beh, perché non lo fai, allora?»

   Franco deglutì, poi prese coraggio, abbassò una mano, la fece scorrere sotto il tavolo e la posò sulla coscia destra di Amanda. Era una coscia immensa. Morbida, liscia, calda. Sembrava ripiena di gomma piuma. Era come toccare il bracciolo di un divano.

   «Uhmm…»

   «Sei proprio un porcellino Franco, lo sai?»

   La mano di Franco si spinse oltre, fino a sfiorare l’orlo di una giarrettiera.

   «Lo sapevo!» esultò lui. «Indossi la giarrettiera! Ci scommettevo che una donna come te, la indossava!»

   Amanda avvicinò il viso, profumava di zucchero filato, aveva labbra rosse e roride come canditi. «Baciami» disse. «Anzi: mangiami. Fammi capire che hai fame. Fammi sentire come una torta nuziale!»

   Franco non se lo fece ripetere: infilò la lingua nella bocca di Amanda. Quella di lei era morbida, bagnata, una vortice di piacevolezza. I due andarono avanti a baciarsi per un minuto buono, come adolescenti in amore. Quando si staccarono, Franco aveva la bocca sbavata di rossetto mentre gli occhi di Amanda brillavano come due piccoli pleniluni.

   «Ti voglio… ti voglio tutta!» mormorò Franco.

   «Che dici di andarcene? Io abito qui vicino» sussurrò Amanda.

   «Togliamoci subito di torno!»

   Franco pagò alla cassa, poi, insieme ad Amanda, uscì dal locale.

   Fuori faceva freddo, la temperatura era scesa sotto lo zero, ma Amanda oltre che di profumo, grasso e sensualità, era una fonte di calore, e Franco le si strinse contro, per riscaldarsi e premette il petto contro il seno di lei.

   «Uh, sei proprio eccitato, pasticcino mio!» ridacchiò Amanda.

   Aveva un modo di ridere breve e argentino, che ricordava il suono di un campanello mosso per chiamare la servitù.

   Abbracciati fino a soffocarsi, i due camminarono lungo la via. Franco ogni tanto allungava la mano sul didietro di Amanda, immenso, sodo, un mappamondo. Non vedeva l’ora di averla tutta per sé. Lei lo lasciava fare.

   Amanda abitava a pochi isolati, all’ultimo piano di un palazzo in stile liberty.

   Il suo appartamento era un bilocale. Piccolo e accogliente. Franco ebbe l’impressione di entrare in una bomboniera.

   «Tu siediti lì» gli ordinò Amanda, spingendolo sul divano. «Entra nell’altra camera solo quando te lo dirò io, intesi?»

   Franco annuì e vide sparire quel grosso culo invitante dietro la porta.

   Rimase alcuni secondi solo, in silenzio, vittima della sua ansia di possesso. Non si era mai sentito a quel modo. Che strano. Di donne ne aveva avute. Alcune più belle di Amanda, non solo perché più magre, ma perché oggettivamente più attraenti. Eppure nessuna aveva esercitato su di lui l’influsso di Amanda. Amanda non sembrava nemmeno una donna. Era una creatura strana fatta di più sfaccettature ben combinate assieme. La pelle aveva la lucentezza del dorso di un delfino e il colore rosa di un maialino. Le labbra erano piccole e strette. Sembravano una ciliegia scura sul punto di scoppiare. Gli occhi erano lunghi sottili, luccicanti e coronati da ciglia soffici e lunghe. Le manine erano piccole, ma in grado di manipolare, stringere, massaggiare.

   Amanda era fatta per essere scopata, molto semplicemente!

   “Che stolto che sei stato, uomo dalla giacca verde” pensò Franco. “Nel nome di chissà cosa, forse della magrezza, della linea a tutti i costi, di una distorta concezione della femminilità che ti è stata imposta, ti sei lasciato sfuggire una donna del genere! Tanto meglio per me!”.

   «Ora puoi entrare!» disse Amanda.

   Franco scattò in piedi. Era così eccitato, provava una tensione tale che quasi sentiva dolore. Si tolse la giacca e il golfino, dato che aveva caldo, poi, a passi rigidi, camminò verso la porta. Agguantò il pomello con la mano sudata ed entrò nella stanza e allora la vide: Amanda, completamente nuda. Era distesa sul profilo destro sul letto, con la gamba sinistra un poco raccolta. I seni pendevano pesantemente ed erano coperti dalle braccia. La penombra gettata da una lampada sul comodino, carezzava il suo enorme sedere. I suoi occhi erano scuri e luccicanti.

   «Avanti, spogliati e sali sul letto.»

   Le pupille di Amanda erano percorse da tanti riflessi quanti sono i fili della tela tessuta dal ragno predatore. Ogni filo stillava dieci gemme di rugiada.

   Franco si spogliò, poi salì sul letto e si annientò nella carne di Amanda. Perse il senso del tempo e dello spazio.

   Per quanto tempo succhiò quei capezzoli?

   Per quanto tempo, palpò quei glutei?

   Quanto erano profondi quegli occhi?

   Quanto erano grandi quelle cosce?

   Quanto era calda quella pelle?

   Ogni tratto di Amanda sembrava estendersi ai suoi sensi all’infinito e ben presto Franco si trovò a fluttuare in un oceano di calda carne rosea fino a sentirsene avvinghiato, risucchiato e ad annullarsi nel piacere, gradualmente, dolcemente, come la nuvola di fumo si annienta salendo verso la tenebra del soffitto.

Quando tutto fu finito, Amanda si stirò sul letto con un vago sorriso, carezzandosi il ventre elastico e gonfio, i seni sodi, solleticando i capezzoli erettili. Infine si addormentò, ma per poco, nemmeno un’ora.

   Quando si svegliò vide che era solo mezzanotte.

   Si vestì, si profumò, si aggiustò l’acconciatura e uscì di casa.

   Camminò fino allo stesso bar da cui era uscita poco più di un’ora prima, e sedette allo stesso tavolo.

   Attese pazientemente, ripassandosi le labbra con la lingua, che l’ennesimo uomo mostrasse attenzione per lei.

   Uno sedette al banco e l’adocchiò

   Lei fece un ruttino sommesso, portandosi la mano alla bocca, poi atteggiò le labbra in un delizioso sorriso e prese a giocare con la cannuccia e i cubetti di ghiaccio nel bicchiere.

 

Immagine:
iStock
Staras

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Su questo sito web utilizziamo strumenti di prime o terze parti che memorizzano i (cookie) sul dispositivo. I cookie vengono normalmente utilizzati per consentire il corretto funzionamento del sito (technical cookies), per generare rapporti sulla navigazione (statistics cookies). Possiamo utilizzare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti a offrirti un’esperienza migliore.