Come si scrive un prologo3 min read
Reading Time: 3 minutesSpieghiamo prima di tutto in cosa differisce dalla prefazione, con cui viene spesso confuso. La prefazione appartiene più al saggio che alla narrativa, ma anche quando la troviamo in un’opera di finzione è più che altro un’occasione per l’autore di rivolgersi ai suoi lettori, spiegare di cosa tratterà l’opera, qual è il suo messaggio e come è nata. Di solito, quindi, la prefazione è staccata dagli eventi narrati, non è indispensabile alla loro comprensione in termini di svolgimento, di sviluppo della trama.
Il prologo, invece, lo è. Per capire cos’è il prologo, occorre rifarsi alla sua funzione nelle opere teatrali: qui consiste in una voce che introduce gli spettatori ai personaggi e all’ambientazione del primo atto. Nella commedia o nella tragedia greca, di solito, il prologo è recitato da una divinità o dall’autore stesso, “apparecchia” gli eventi da cui partirà il tutto.
Ci sono vari tipi di prologo.

Un prologo che è il contrario di un prologo: flashforward.
Da non confondersi con la prolessi. La prolessi in narrativa è un’anticipazione dei fatti che verranno ma ben integrata al momento presente del narrare. Ad esempio, ne troviamo in Cent’anni di solitudine, fin dal celebre incipit:
“Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio…”
Il romanzo si apre con un evento che il lettore incontrerà più avanti e col ricordo collegato a quell’evento che fornisce all’autore l’occasione di cominciare a narrare fin dal principio.
Il prologo in flashforward, al contrario, non è integrato alla narrazione, è qualcosa di staccato. Questo tipo di prologo lo troviamo spesso nelle serie tv e nei romanzi thriller: in una prima paginetta e mezzo, il lettore è subito calato in una scena orribile: magari una vittima chiusa nella cantina che sta per essere torturata da un misterioso tizio con un passamontagna oppure il risveglio di qualcuno in una bara. Si crea una sospensione che verrà risolta solo più in là, nel corso della lettura. Il primo capitolo sarà inevitabilmente ambientato in un contesto precedente l’orrore.
Prologo e origini
Nei romanzi fantasy il prologo può servire a creare un senso di dilatazione temporale e a fondare la mitopoiesi dell’opera, cioè quella cornice mitica che ha a che fare con le origini dell’universo immaginario in cui prenderà parte l’azione. Si parla di dei o di forze arcane di oscure fazioni che si scontrano e di come dal loro scontro si fondi quell’ordine spaziale e temporale in cui si dispiegherà la vicenda. Qui il prologo è una vera e propria genesi all’opera che segue.
Prologo per spiegare
Anche nella fantascienza troviamo spesso il prologo e qui ha una sua utilità non solo evocativa, come avviene nel fantasy, anche informativa. È uno strumento nelle mani dell’autore per spiegare al lettore come si è arrivati al tempo futuro in cui ambienta la sua storia. Ad esempio, nel caso di un post apocalittico, serve per spiegare quali dinamiche – guerre tra superpotenze, catastrofi ecologiche, impatto con un meteorite – abbiano condotto il mondo a un simile stato di devastazione.
Come deve essere un prologo
Se senti l’urgenza di scriverne uno tieni presente che:
– un prologo non deve mai fornire anticipazioni sostanziali alla trama
– pur staccato dai fatti narrati, un prologo non deve esserne alieno, insomma, deve essere anche un invito al lettore a cominciare il primo capitolo
– scegliendo di scrivere un prologo ci si potrebbe mettere nelle condizioni di dover scrivere un epilogo, specie se il prologo, come nella tradizione teatrale, è una voce che apparecchia la scena: per coerenza la stessa voce dovrebbe chiuderla, tirando le somme della storia.
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