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Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti – recensione2 min read

13 Luglio 2021 2 min read

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Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti – recensione2 min read

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Volendo essere sintetici fino alla brutalità, il romanzo di Teresa Ciabatti, Sembrava bellezza (Mondadori) è la storia di una donna che non si è mai liberata dai complessi dell’adolescenza, complessi che le derivavano dal fatto di essere brutta – o meglio, percepirsi tale – e figlia di una famiglia modesta. Il senso di marginalità che la protagonista ha sofferto da ragazzina, non l’ha mai abbandonata, nemmeno quando, adulta, si è sposata, ha avuto una figlia, ha tradito il marito, ha divorziato ed è diventata una scrittrice di successo, un volto noto.

La fama non basta a cancellare un’adolescenza dove la propria bruttezza è assurta a mito. In realtà, oltre che i complessi, la protagonista ha qualcos’altro che la trattiene in uno stato mentale perennemente vincolato ai patemi della crescita. Un incidente che ha a che fare con la sorella di una sua amica, Lisa, ragazza bellissima, incarnazione perfetta di ciò che chi narra avrebbe voluto essere, e a cui capita una disgrazia. Se tale disgrazia congela Lisa nel mito della propria bellezza, impantana chi le è sopravvissuta in quello della propria bruttezza, della propria inadeguatezza sia fisica sia caratteriale che non le permette di sentirsi donna, ovvero madre e amante.

Il romanzo è narrato in prima persona e mette continuamente a confronto il passato con il presente della scrittrice e, già a metà lettura, risulta chiaro come il passato vinca puntualmente, sovrapponendo ai personaggi reali i propri fantasmi. Lo stile è quello di un crudo resoconto, senza sconti, che la scrittrice fa a se stessa prima che ai suoi lettori. Una specie di diario terapeutico. Lo stile della Ciabatti è particolare nel senso che non ha  nulla di particolare. Mi spiego: sembra voler rimuovere ogni slancio e aspirare a un’oggettività di toni e di forme propria di un verbale di polizia. Un verbale che mette per iscritto i lati più ambigui della nostra anima.

Senza spoilerare, il romanzo si legge sia per la scorrevolezza della prosa, sia per la materia che tratta, le vicende che narra, non prive di colpi di scena. Forse si chiude un po’ brutalmente, questo gorgo a cui l’autrice sottopone se stessa e il lettore, questo rimescolare di temi, di presente e passato, alla fine si risolve con troppa facilità. Come se la sofferenza fosse più che altro illusoria. E non è forse così? Come diceva Busi: “Che resta di tutto il dolore che abbiamo creduto di soffrire da giovani? Niente, neppure una reminiscenza. Il peggio, una volta sperimentato, si riduce col tempo a un risolino di stupore“.

Pro
Prosa scorrevole
Interessante sovrapposizione presente-passato
Riuscita descrizione dei rapporti tra la protagonista e gli altri personaggi

Contro
Alla lunga il tema dell’adolescenza che ti tiene in ostaggio anche quando sei già adulta, risulta ripetivo
Finale troppo sbrigativo

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