L’ombra del cattivo: un libro guida agli antagonisti della letteratura fantasy4 min read
Reading Time: 4 minutesAl tramonto di uno degli anni più “cattivi” (passatemi il termine) di sempre, ricevo questa interessantissima antologia di saggi pubblicata da Cento Autori e curata da Marina Lenti, autrice navigata di diversi saggi sul genere. L’ombra del cattivo. L’antagonista in 10 saghe del fantastico, tra letteratura, cinema e televisione, si occupa di analizzare i villains dei classici della letteratura fantasy, e lo fa attraverso dieci titoli, originariamente di narrativa, trasposti successivamente in film e/o serie TV.
L’esigenza è autoevidente e si basa sul voler mettere in risalto quanto nella narrativa di genere fantastico la profondità e la peculiarità della costruzione della figura dell’antagonista sia fondamentale per un perfetto equilibrio narrativo. La stessa curatrice lo sottolinea nell’Introduzione del volume. Lenti afferma che senza un buon cattivo “l’Opera ne soffre inevitabilmente. […] La vicenda raccontata non esprimerà appieno il proprio potenziale”.
E così il viaggio non poteva non iniziare dal classico dei classici dell’high fantasy: Il signore degli anelli. Nel primo articolo infatti Paolo Gulisano viviseziona il male impalpabile, e forse proprio per questo potentissimo, di Sauron, il signore crudele di Mordor. Ma l’autore non si limita a questo, ma indaga e fa emergere anche le particolarità di un cattivo non tanto “minore” quanto più che altro “alternativo” della saga di Tolkien: Saruman, il mago bianco traditore della celebre Compagnia di Frodo.

Luca Fumagalli prosegue il cammino mettendo sotto la lente il mondo di Narnia e le sue affinità con la narrazione biblica. Nel ciclo scritto da C.S. Lewis si muovono i tipici antagonisti da fiaba che per quanto poco raffinati psicologicamente hanno tutte le carte per giocare al nostro gioco. Malvagi invece smodatamente cattivi e capaci delle peggiori efferatezze sono quelli del ciclo epico La spada della verità di Terry Goodkind, di cui ci parla Cristina Donati.
Pia Ferrara si propone invece di esplorare l’impianto metaforico del ciclo Queste oscure materie di Philip Pullman, di chiara ispirazione miltoniana, e di far vedere come qui il vero cattivo non sia un individuo materiale ma più che altro un atteggiamento sociale e politico: l’autoritarismo dogmatico. Di qui emerge come la narrazione fantastica, o meglio la sua lettura, possa talvolta non limitarsi alla sola avventura ma anche estendersi a campi come la filosofia e le idee. Anche l’articolo di Chiara Nejrotti, che analizza la pentalogia Earthsea di Ursula Le Guin, si allinea con questa visione più spirituale e allegorica. In questi romanzi l’antagonista viene configurato come un vero e proprio Doppio e Ombra del protagonista, con riferimenti anche agli archetipi junghiani.

Non mancano però, come accennato, cattivi “anche con difetti”. È il caso della triade oscura del ciclo di Shannara di Terry Brooks, di cui si occupa Paola Bruna Cartoceti; villains senza caratterizzazione psicologica e quindi puri simboli del male (anche se a quanto pare non così efficaci come il progenitore tolkeniano). Così come i cattivi bidimensionali presenti nella pentalogia di Black e DiTerlizzi, Spiderwick, che la curatrice Marina Lenti provvede, con solidissime argomentazioni, a relegare in un immaginario (troppo) bambinesco (pur ammettendo che la saga in questione possiede molti altri pregi per cui valga la pena essere letta).
Luisa Paglieri ci racconta poi del (a quanto pare, molto) interessante ciclo di Cuore d’inchiostro della scrittrice tesdesca Cornelia Funke, un romanzo che “si configura […] come un libro sui libri e su un libro”, in cui la voce del lettore è fondamentale, e i cui cattivi, in quest’ottica, si configurano come trasposizioni allegoriche dei mali del nostro mondo, come lo sfruttamento della creatività e del talento altrui.
Chiudono questa carrellata di opere più o meno note al pubblico italiano due casi famosissimi e piuttosto recenti del panorama fantastico. Maria Cristina Calabrese non poteva lasciare fuori il caso di Voldemort, il cattivo consapevole e per scelta della saga di Harry Potter, partorita dalla penna di J.K. Rowling. Così come non poteva essere ignorata la multisfaccettata costruzione del male che prende vita tra le pagine (e tra i fotogrammi) di Games of Thrones di R.R. Martin: nemici piccoli, medi, infidi, grandi, più o meno potenti, che si trovano a giocare (per l’appunto) campionati non tanto diversi, quanto intrappolati uno dentro l’altro, come in una sorta di macchiavellico incastro di scatole cinesi, della quale Martina Frammartino si fa eloquente chiarificarice.
Interessante è poi la struttura più o meno affine a tutti i contributi, che si impegna a portare agli occhi del lettore anche quali siano le differenze sostanziali dei vari villains nel passaggio dalla carta allo schermo, grande o piccolo che sia. Operazione semplice ma allo stesso tempo efficace e funzionale anche come guida a dieci classici e alle loro trasposizioni, oltre che, ovviamente, approfondimento di un tema specifico.
