Perché ci piace tanto la letteratura complottista5 min read
Reading Time: 4 minutesLa letteratura complottista va di gran moda di questi tempi. Non è una nuova corrente letteraria, sia chiaro. Difficile dire chi l’abbia inaugurata. Quando se ne parla echeggiano nomi quali Dan Brown, Glenn Cooper, in una certa misura anche quello di Valerio Evangelisti, ma già Il pendolo di Faucault di Umberto Eco, uscito nel 1988, si può annoverare nella lista. Andando ancora più indietro anche Philip K Dick può essere considerato un antesignano del genere poiché la sua visione fantascientifica del mondo si basa su complotti, retroscena, su un’umanità ignara dei giochi di potere – anche a un livello metafisico – che la tengono in scacco (un romanzo su tutti, La svastica sul sole).

Il motivo del successo di questo (sotto)genere, è facilmente comprensibile. Viviamo in una società globalizzata dove le tecnologie hanno annullato problemi di tempo e spazio riguardo la facoltà di comunicare. L’informazione fa il giro del mondo in pochi clic, l’economia low cost ha permesso lo spostamento rapido in aereo, le problematiche ambientali hanno evidenziato grandi temi come lo scioglimento dei ghiacci, il riscaldamento globale e l’esaurimento delle risorse, che accomunano tutti i paesi. Oggi è automatico che l’individuo concepisca una propria idea di mondo più di quanto lo faceva in passato, quando, ideologie e una comunicazione meno rapida, isolavano i singoli paesi e le tante culture.

Pensiamo solo alla pandemia da Coronavirus. Non si sa ancora se sia nata in laboratorio o nella giungla, è in ogni caso il risultato di un rapporto squilibrato tra uomo e ambiente; si è espansa rapidamente nel mondo come nessun virus aveva mai fatto prima, proprio grazie alla facilità di spostamento tra un continente e l’altro, e ha reso l’umanità drammaticamente simile, a prescindere dai paesi di appartenenza: tutti scettici o speranzosi verso un vaccino, tutti a leggere o screditare un complotto dietro gli eventi. Oggi è difficile trovare un evento che non sia tacciabile di cospirazione, che non sia interpretabile con una teoria del complotto.
Trump perde le elezioni e dice che si tratta di un complotto. Il Covid-19 fa il giro del mondo e si parla di un complotto delle grandi case farmaceutiche. Riguardo al virus, le teorie del complotto sono tali e così fuorvianti che la Commissione europea e l’UNESCO hanno pubblicato 10 infografiche didattiche per smascherarle. Ovviamente i complottisti parleranno dell’operazione come di una forma di disinformazione attuata dai tecnocrati per continuare a gettare fumo negli occhi dei cittadini europei. Secondo i documenti prodotti da Ue e UNESCO, le teorie del complotto hanno in comune sei elementi:
un’ipotetica trama segreta,
un gruppo di cospiratori,
prove a conferma della teoria,
convinzione che nulla avvenga per caso e ogni evento sia collegato all’altro,
divisione del mondo tra bene e male,
individuazione di un capro espiatorio

Se voleste scrivere un romanzo complottista, questi sei passaggi potrebbero tornarvi utili, anzi, diciamo pure fondamentali. Proviamo ad applicarli a uno dei grandi best seller complottisti dei nostri tempi, Il codice da Vinci di Dan Brown.
Trama segreta: una verità inconcepibile che riguarda la religione cristiana
Gruppo di cospiratori: uomini di potere nel seno della Chiesa cattolica interessati a occultare tale verità
Prove e conferme: gli indizi disseminati nelle opere d’arte del passato che il protagonista, Robert Langdon si accinge a risolvere
Convinzione che nulla avvenga per caso: è una convinzione che matura il lettore nel corso della trama fatta di eventi concatenati tra loro e di enigmi svelati
Divisione del mondo tra bene e male: c’è chi vuole nascondere la verità e chi vuole renderla dominio di tutti
Capro espiatorio: le forze nemiche alla verità cercano di motivare gli eventi tragici della storia – come l’assassinio da cui parte la vicenda – incolpando innocenti
C’è un’altra spiegazione al successo non solo della letteratura complottista, anche distopica, diciamo di un certo tipo di letteratura il cui orizzonte è sociale, se non globale e riguarda il condizionamento e l’organizzazione delle masse: la perdita di interesse nell’individuo. Se ci pensate, a partire dal romanticismo e lungo tutto il Novecento, l’oggetto d’indagine della letteratura è stato l’individuo. L’uomo, il suo inconscio, i suoi conflitti, era il grande abisso entro cui gettare lo sguardo.
Dostoevsky, Dickens, Verga venendo a tempi più recenti, Moravia, Salinger, Carver, solo per citare nomi a caso, hanno sempre parlato dell’uomo. L’hanno analizzato in contrapposizione a una società in cui non si sentiva integrato. Non la accettava, ma non per sospetto che dietro le istituzioni si celasse chissà quale trama diabolica, ma per questioni ideologiche, perché non si riconosceva nel suo meccanismo basato sulla famiglia, sul capitalismo.
Oggi la famiglia, almeno quella tradizionale, è un’istituzione in crisi. Tanto in crisi che i tradizionalisti parlano di un complotto, la teoria del gender dietro tale declino. Anche il capitalismo è in crisi, o comunque fortemente criticato e non da un’opposta ideologia (il comunismo, che non esiste più), ma da cittadini che stanno prendendo sempre più coscienza dell’esaurimento delle risorse e di un modo ecosostenibile e meno consumistico di comprare e spendere. Nessuno si sente opposto a una società perché una massa che sia conforme a essa e che ne tragga beneficio, non c’è più.
Il sistema è stato sostituito da un piano. Un piano ordito evidentemente da un’élite con lo scopo di arricchirsi a nostre spese. L’uomo da asociale si è fatto sospettoso e insicuro. Il nuovo abisso da indagare non è più il suo animo ma chi vuole tenere in ostaggio noi e il pianeta. Il nuovo abisso è il mondo globalizzato. E per smascherarlo, le teorie del complotto sono l’arma più seducente. E la letteratura complottista quella che meglio sposa lo scetticismo delle persone e la loro voglia di acquisire verità nascoste.
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Leggi i primi due capitoli del mio prossimo romanzo basato su complotti e simboli da interpretare, La verità dell’uroboro