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Roma val bene un fantasy e forse più d’uno2 min read

26 Ottobre 2020 2 min read

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Roma val bene un fantasy e forse più d’uno2 min read

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Come la fantascienza, il fantasy è un genere che in Italia ha trovato ostacoli di non poco conto per emergere. Da una parte un pregiudizio degli editori a dar credito ai nostri autori. Dall’altra, il fantasy, come la fantascienza, forse non ci è proprio come può esserlo degli anglosassoni. Il problema (è un problema?) di noi italiani è che viviamo in città che sono un museo a cielo aperto. Il centro di Bologna è un’immersione totale nel Medioevo e così possiamo dirlo di tanti altri posti. Abbiamo le strade piene di statue, torri e palazzi che hanno segnato la storia dell’arte e che riportano nel presente un passato che altrimenti sarebbe a muffire nei libri di storia. Questo fa sì che non sia facile per un autore italiano edificare ex novo un mondo, una cultura, una mitologia, come invece può esserlo per un autore americano che vive un territorio “solo presente” e dove un evo fantasticamente oscuro può ricrearselo liberamente.

Forse, però, la chiave di un rilancio del fantasy italiano starebbe proprio nel lavorare sul nostro passato, impregnare la storia di fantastico, renderlo una seconda volta mitico sulla pagina o sullo schermo. È ciò che gli autori italiani hanno cominciato a fare da qualche anno e più recentemente anche i registi. Il 6 novembre arriverà su Sky Atlantic Romulus, una serie tv diretta da Matteo Rovere, lo stesso regista de Il primo re, film che aveva raccontato le origini di Roma. Con Romulus ci riporta negli stessi luogo, nello stesso tempo – Ottavo secolo a. C. – ovviamente dilatandoli perché una serie tv può dire più cose di un film.

Romulus non è un fantasy, come non lo era Il primo re, ma è evidente, qui, come lo era stato nel film, la tendenza a giocare col mito, sfiorando spesso il fantastico (nel film, ad esempio, la profezia per bocca della sacerdotessa della dea Vesta), ma non è nemmeno un film storico, perché esagera un vissuto reale, senza troppo riguardo alla storicità, ma calcando la mano su quegli aspetti –  società arcaiche protolatine dall’assetto tribale, battaglie brutali – che lo spettacolarizzano.
Siamo abituati a vedere le nostre storie, i nostri miti saccheggiati dagli stranieri per venire rilanciati in prodotti pop di successo – Il gladiatore al cinema, Il codice da Vinci in libreria – noi italiani, certo fuori tempo massimo, presa coscienza che abbiamo, nel passato, un patrimonio immaginario sconfinato e vogliamo sfruttarlo in modo disinvolto.
Ci riusciremo?

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