Chi ama il fantasy non può non amare Il principe dei draghi3 min read
Reading Time: 3 minutesArrivo tardi a questa serie animata. Uscita nel 2018, io mi sono accorto della sua esistenza solo pochi giorni fa e l’ho divorata in breve tempo dalla prima all’ultima stagione – la terza. Ora, a digiuno da pochi giorni delle avventure di Callum, Rayla e compagnia, ne sento la mancanza come un tossico in crisi di astinenza e, grazie agli dei, sembra che la quarta stagione sia in arrivo su Netflix a fine maggio (anche se sulla data non c’è ancora nulla di ufficiale e addirittura si erano rincorse voci di una possibile cancellazione della serie a causa di dissidi interni allo studio di produzione). Che cos’ha di speciale Il principe dei draghi? Cosa aggiunge alle tante serie tv, ai tanti film, ai libri di genere fantasy che non si abbia visto/letto già?

Assolutamente nulla. Ed è questa la sua forza. Siamo nell’ambito del fantasy più prevedibile ma imprevedibilmente ben fatto, dove ogni ingrediente è perfettamente bilanciato con gli altri a comporre una ricetta che non può non piacere. Chiariamoci, questo fantasy non ha nulla di oscuro, morboso e violento di prodotti quali Il trono di spade o The Witcher, e non solo perché è in grafica computerizzata. Il principe dei draghi è un fantasy pensato nemmeno per il pubblico Young Adult, ma quello delle famiglie. Ma una narrazione in cui i diversi segmenti si alternano sapientemente nel corso di una singola puntata, lasciando lo spettatore in uno stato di sospensione, personaggi che per quanto metabolizzati dall’immaginario collettivo – il consigliere malvagio, il re buono, il principe bambino ma coraggioso, il suo fratellastro impacciato ma pieno di risorse, l’elfa nobile e abile con le spade eccetera – sono stupendamente delineati e un tratto grafico efficace – vogliamo parlare del drago Sol Regem? – polarizzano l’attenzione.

Ovvio che se siete adulti dovrete sorbirvi certe scenette dalla comicità molto adolescenziale, tipo quelle tra Callum, l’umano impacciato e chiacchierone, e Rayla l’elfa dallo spirito indomito e il cuore tenero, o l’umorismo da quarterback di highschool americana di Soren, ma fa parte di una storia che ha nella leggerezza la sua forza. E poi, senza rimestare nel torbido, anche Il principe dei draghi ha il suo lato oscuro. Vogliamo parlare di Viren, di che razza di bastardo ipocrita sia? E del personaggio carismatico, il più misterioso e oscuro di tutti, Avaros, che comparirà nella seconda stagione?
Diciamolo, questa serie tv non è solo bella, anche accorta per esempio nel suo essere inclusiva: nei numerosi i rimandi al mondo LGBT – una delle regnanti umane è una bambina con due genitrici – nel mescolare bianchi e neri come elfi e umani e nel giocare tutte le carte del fantasy classico. Non solo lo spettatore incontra draghi, come suggerisce il titolo, ma stregoni impregnati di magia oscura, elfi che posseggono una luce in grado di vedere dentro l’anima altrui e uno specchio che immette in uno strano universo in cui si muove uno strano essere.

Una sola nota dolente rovina questa produzione perfetta, e riguarda una certa misoginia del suo creatore, Aaron Ehasz che sarebbe stato tacciato di comportamento scorretto nei confronti delle donne, negli ambienti di lavoro. Un’accusa che, per qualche tempo, aveva fatto temere che una quarta stagione non ci sarebbe stata. E invece ci sarà, perché il finale della terza era a dir poco aperto e i nodi da sciogliere, in questa serie popolata da personaggi a cui ci si affeziona, parecchi.