Sfacelo, un romanzo apocalittico firmato da un maestro della scifi francese3 min read
Reading Time: 3 minutesArticolo pubblicato su Wired.it
È davvero difficile immaginare il futuro. Immaginarlo alla grande come facevano gli autori dell’età dell’oro della fantascienza. Robot, astronavi, viaggi nel tempo. Sono tutti topoi letterari che non stupiscono più e forse proprio per questo la fantascienza sta vivendo una crisi. Il futuro è meno esotico perché più insito in un presente altamente tecnologico. Il risultato è che il futuro come lo immaginavano gli autori pionieri della fantascienza – Wells, Verne, il nostro Salgari eccetera – è diventato retro futuro e un sotto genere letterario: lo steampunk che descrive “come sarebbe il passato se il futuro fosse arrivato prima“. Prima del digitale e dei software. Lo sfacelo di René Barjavel non è un’opera pre-fantascientifica, essendo apparsa per la prima volta nel 1943, ma appartiene a un’età – quella appunto “aurea” della fantascienza – in cui ci si poteva sbizzarrire in quanto a invenzioni. Il fatto, poi, che quest’opera fosse stata pubblicata durante la seconda guerra mondiale, motiva il suo catastrofismo.

Ma parliamo delle invenzioni: con un’impostazione narrativa propria della “vecchia fantascienza”, Barjavel le introduce al lettore fin dalle prime pagine, descrivendo una giornata ordinaria del protagonista, François Deschamps, che non poteva che risultare straordinaria per il lettore del 1943 e che invece per un lettore del 2019 risulta azzeccata o clamorosamente sbagliata. Il romanzo è ambientato nel 2052. Veniamo a sapere che nei bar della stazione non esistono più i camerieri perché ciascun cliente si serve autonomamente di un rubinetto, un selettore a disco e un distributore di bicchieri in plastec e un aspiratore che li risucchia dopo l’uso (trovata parzialmente azzeccata che ricorda gli odierni distributori automatici). Una linea ferroviaria aerea collega Nantes a Vladivostok viaggiando a una velocità ben superiore a una “carriola asmatica che strisciava sul proprio ventre a trecento chilometri orari” (azzeccata: l’Hyperloop è praticamente realtà).
A pagina 18 c’imbattiamo nella prima invenzione sbagliata ma che denota un certo fiuto per il futuro dell’autore: il lettore elettronico. Un pannello che, appoggiato sulla pagina di un libro, ne riproduce il testo attraverso degli auricolari. “Il pannello, sensibile all’inchiostro, era collegato a un minuscolo trasmettitore televisivo, alloggiato nello schienale della poltroncina, che inviava automaticamente la pagina alla Centrale di lettura della compagnia euroasiatica dei trasporti” dove “piazzati davanti a diecimila schermi tutti uguali, c’erano diecimila lettori e lettrici di ogni età e nazionalità”. Barjavel intuisce l’audiolibro e l’intrattenimento on demand, gli mancano le competenze tecnologiche perché sia profetico.
Parigi è su più livelli: sono state costruite quattro città alte per decongestionarla, e qui siamo nella fantascienza classica, le città multilivello.
Il libro lo si potrebbe godere così, muovendosi tra televisioni in rilievo a colori naturali, abiti in tessuto d’azoto che aderiscono al corpo come una guaina, frutta e ortaggi coltivati in vasche, carne chimica che ha sostituito il bestiame, specchi che si trasformano in schermi per comunicare a distanza e una moltitudine di oggetti costruiti attraverso il nuovo materiale universale, il plastec. Ma possiamo anche leggerlo come una fantascienza sintomo dei tempi che l’autore stava attraversando. La rete ferroviaria aerea potrebbe essere stata suggerita dalla nascita, nel 1938, della SNCF, Société Nationale des Chemins de fer Français. Il progresso tecnologico che dona agli esseri umani un’illusoria felicità, era lo stesso che stava sperimentando l’Occidente. La catastrofe ecologica è forse figlia della guerra in cui era precipitata l’Europa.
Proprio la catastrofe ecologica è l’aspetto più notevole e profetico del romanzo. Il progresso umano ha imbrigliato le forze della natura che si sono risvegliate, non appena il primo è venuto a mancare, precipitando il mondo nel caos. Attraverso l’anarchia sociale e affrontando il lato bestiale dei loro simili, Dechamps e alcuni superstiti si muovono per raggiungere la Provenza, vista un po’ come l’antitesi della tecnologica Parigi, e lì fondare una società utopica e agricola.
Il romanzo, riproposto dall’editore L’orma, disponibile dal 14 novembre, è una bella occasione per meditare sul nostro mondo, quanto è vicino a come se lo immaginavano gli autori del passato, e quanto lontano. E rimane una lettura emozionante, portata avanti da uno dei maestri della fantascienza francese.
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