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Zoo, recensione del nuovo thriller di Paola Barbato4 min read

12 Giugno 2019 4 min read

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Zoo, recensione del nuovo thriller di Paola Barbato4 min read

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articolo di Stefano Spataro per Wired.it

Da qualche mese la saga di Dylan Dog si sta avviando verso un disastro planetario. Una meteora è entrata nell’orbita terrestre e presto si schianterà sul nostro pianeta con delle ovvie conseguenze escatologiche che probabilmente vedranno il loro epilogo con il numero 400 della serie, in uscita alla fine di quest’anno. I danni della meteora sono già avvertibili e l’indagatore dell’incubo è in prima fila nel cercare di contenere la follia dilagante in una Londra ormai quasi regredita a una società bestiale.

Ma mentre uno dei personaggi di fumetti più amato in Italia vive queste peripezie, Paola Barbato, di certo l’autrice più produttiva della serie nonché di questa ultima fase, dà alle stampe un romanzo thriller dalle tinte psicologiche e intimiste. La scrittrice è una fine autrice di noir molto amata dai lettori. Nel 2008 ha vinto il Premio Scerbanenco per il romanzo Mani nude, e nel 2017 il Gran Guinigi del Lucca Comics insieme a Corrado Roi per il quale ha sceneggiato la miniserie a fumetti Ut. Nel mese di settembre 2016 ha pubblicato su Wattpad il romanzo Non ti faccio niente, riscuotendo grande successo tra gli utenti con oltre 170.000 visualizzazioni per poi arrivare in libreria per Piemme nel 2017.

E proprio la casa editrice Piemme, a fine maggio, ha pubblicato Zoo, un romanzo scuro e claustrofobico che riesce a catturare il lettore e, attraverso la metafora della prigionia, a farlo riflettere sulla precaria condizione dell’essere umano. Anna si sveglia nuda e con la mente intorpidita all’interno di una gabbia. È buio e da principio non riesce a distinguere quello che le circonda, ma quando la vista inizia ad abituarsi Anna crede di essere finita in un incubo: una creatura folle e mostruosa, seppur antropomorfa, la osserva da un’altra gabbia e le ringhia contro. Tuttavia la donna presto capisce che la realtà è ben peggiore di come appare in quei primi minuti.

Anna infatti si rende conto di essere all’interno di una sorta di gioco. Non è sola nel capannone in cui si trova la sua gabbia da circo. Il rapitore ha incarcerato altra gente insieme a lei, prima di lei; prigionieri che nel tempo, qualcuno addirittura da tre anni, hanno creato un vero e proprio sistema sociale che si reitera per consuetudine. Ognuno ha un ruolo ben definito, un profilo e dei compiti da rispettare, e Anna, elemento in un certo senso di disturbo di quell’equilibrio, fa di tutto per mettere in crisi i suoi compagni, cerca di capire chi può essere il loro carnefice e quali sono i punti deboli di quella comunità assurda e fa di tutto per trovare un modo per evadere.

Barbato è in gamba a giocare con i caratteri dei personaggi, tutti approfonditi con maestria. È chiaro sin dalle prime pagine qual è la strategia narrativa: ogni personaggio rappresenta un animale dello zoo, ne rispecchia le caratteristiche fisiche e in un certo senso morali e/o intellettive. La tigre, il coccodrillo, le scimmie, la iena… ogni personaggio ha esattamente la personalità che ci aspetteremmo dall’animale che riflette. Solo i più intelligenti potranno sperare di avere una possibilità di sopravvivere in quelle condizioni, o addirittura pretendere di riuscire a fuggirne.

Ho trovato interessante la struttura del libro, e ho immaginato quanto complessa potesse essere stato scriverlo. Tutto il romanzo ha la soggettiva della protagonista. L’autrice approfondisce con la sua scrittura lineare e vivace quello che Anna fa, avverte, progetta, in una costruzione che prende forma pagina dopo pagina, tassello dopo tassello, e che intreccia i pensieri e le azioni in un arabesco che sembra difficile immaginare in un’unità di spazio minuscola quale può essere quella di un carrozzone da circo. Eppure l’autrice riesce a tenere incollato il lettore alla pagina in un continuo andirivieni di adrenalina e tensione, fino all’epilogo finale.

Zoo fa parte di un progetto piuttosto particolare. Esso è infatti il romanzo gemello di Io so chi sei, pubblicato lo scorso anno, che ha in comune un personaggio dello Zoo, e che narra eventi che avvengono contemporaneamente ma in luoghi diversi e si ricongiungono solo nel finale. L’intreccio di questi due romanzi vedrà la sua conclusione in un terzo romanzo la cui uscita è prevista per il 2020. Tutti e tre i romanzi saranno però autonomi e il lettore potrà iniziare a leggere da uno qualsiasi dei tre e procedere nell’ordine che preferisce.

Mi ha fatto sorridere il fatto che, nella parte dei ringraziamenti, l’autrice ringrazia se stessa per aver avuto “la caparbietà di non voler abbandonare un’idea di cui, apparentemente, ero convinta solo io. Se non avessi tenuto duro di fronte a tutte le obiezioni probabilmente non sarei andata oltre pagina quaranta”. Per quanto mi riguarda, e per quanto vale, posso dirle di aver fatto un’ottima scelta ad andare avanti poiché il risultato è stato spiazzante e coinvolgente.

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