blog di Alberto Grandi
Cose da scrittori

Fantascienza: da dove inizio?6 min read

3 Ottobre 2018 6 min read

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Fantascienza: da dove inizio?6 min read

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Conosco una delle mie più care amiche dai tempi delle superiori; abbiamo passato una quindicina di anni a consigliarci a vicenda film, musica, serie tv e a prestarci libri, in un continuo interscambio che prevede che a casa sua ci sia sempre qualcosa di mio e viceversa. Non abbiamo propriamente gli stessi gusti, ma tanti punti sono in comune: Neil Gaiman, Terry Pratchett, Harry Potter, qualche graphic novel. Non è la mia primaria spacciatrice di libri, ma quando mi consiglia qualcosa, tendo ad ascoltarla. Non è una turista della letteratura, ma una lettrice appassionata, con un proprio gusto ben formato, e una conoscenza rispettabile della materia.
Eppure, anni fa, stavamo vagolando in libreria, e lei mi ha detto che non riusciva a raccapezzarsi. C’era troppa scelta, troppe nuove uscite, troppi titoli di cui ignorava le minime specifiche. Non sapeva come facessi io a orientarmi, a sapere sempre dove cercare un volume o l’altro, un autore o un genere. Non sapevo bene come risponderle; per me le librerie e le biblioteche sono luoghi dalla mappatura semplice, ovvia, esplicita. Saprò sempre dove cercare una determinata collocazione, e storcerò il naso con sommo disappunto, se il libraio avrà messo un libro sullo scaffale sbagliato.
Non è così per tutti, pare. Quando un campo d’interesse è così vasto e variegato, a volte è impossibile districare il filo di Arianna e trovare quello che si cerca, o almeno orientarsi in mezzo al labirinto. Vale per la letteratura nel suo complesso, per il cinema, l’arte, il calcio. Vale anche per le sottocategorie, per i generi. C’è chi non saprebbe distinguere Virgilio da Omero, eppure conosce la storia della letteratura gialla e menadito, chi pronuncia male il cognome di Jane Austen – sono più di quanto non crediamo – ma sa parlare dei classici americani come avesse brindato con lo stesso Hemingway. Più è vasto l’ambito del sapere, più è probabile che ci siano zone d’ombra, intoccate dalla luce della conoscenza. Come dicevo, in una libreria saprò sempre orientarmi, e ci sono generi letterari e singoli autori che mi vedono abbastanza saputa, quasi esperta della materia; per contro, ci sono anche cospicue zone di fulgida ignoranza, come i classici greci e latini, la letteratura italiana del ‘900 e, fino a qualche tempo fa, la fantascienza.

Secondo l’enciclopedia Treccani, la fantascienza è un “genere letterario, estesosi poi al cinema, in cui l’elemento narrativo si fonda su ipotesi o intuizioni di carattere più o meno plausibilmente scientifico e si sviluppa in una mescolanza di fantasia e scienza”. Trova i suoi precursori nelle figure di Mary Shelley, H.G. Wells, Jules Verne, E.E. Smith, e le sue tematiche ricorrenti – esplorazione spaziale, viaggi nel tempo, androidi etc – possono nascondere varie visioni del mondo, catastrofiche o colme di speranza, in un lungo alternarsi tra narrazioni utopiche e distopiche, con un evidente vantaggio numerico delle seconde sulle prime.
Ma questo non è un articolo sulla storia della fantascienza, – per chi volesse approfondire l’argomento, lascerò qualche link in fondo alla pagina.
La mia intenzione è cercare, da volenterosa quanto inesperta del genere, di dare qualche consiglio su quali autori siano più facilmente approcciabili per quelli che, come me, mancano quasi completamente delle basi.

Ho chiacchierato ultimamente di Fredric Brown, campione della fantascienza umoristica. Il suo stile leggero e le situazioni improbabili in cui affonda i suoi personaggi sono una manna per chi malsopporta le lunghe descrizioni di navi spaziali e contesti finemente automatizzati. Il punto di partenza, per Brown, è la normalità, il mondo che conosciamo, che verrà poi divelta nel corso della narrazione. L’impossibile, con lui, fa coppia con l’umorismo.

Isaac Asimov, tra i nomi più celebri del genere, nel corso della sua esperienza da scrittore si è barcamenato tra la fantascienza e il giallo. Tenderei a sconsigliare le sue crime-stories, avendo trovato I racconti dei vedovi neri piuttosto prevedibili, ma il primo volume del suo celebre Ciclo della Fondazione (1951) è stato una meravigliosa scoperta, e un ottimo punto di partenza per conoscerlo come autore di fantascienza. Asimov è noto per aver inventato le tre leggi della robotica, esplicate nel racconto breve Circolo vizioso (1942), per il ciclo dei robot che inizia con Io, robot (1951) e per essere stato tra i maggiori esponenti della cosiddetta fantascienza sociologica, insieme a Robert A. Heinlein e a Frederik Pohl.

Philip K. Dick è un altro nome che va a costituire una delle massime espressioni della fantascienza, la cui produzione sterminata si fonde talvolta col weird e col surrealismo. C’è chi dice che i suoi capolavori non siano tanto i romanzi – benché alcuni siano diventati imprescindibili fenomeni di culto, come Ma gli androidi sognano pecore elettriche? o L’uomo nell’alto castello – bensì i racconti brevi. Io, personalmente, mi sento di consigliare in primis In senso inverso, un romanzo breve, assurdo e dinamico, che prende il via da una premessa impossibile – l’invertirsi del tempo – e prosegue a indagare i rapporti tra gli esseri umani e il loro mondo, tra gli esseri umani e la religione, e infine con la morte.

Finora ho citato solo scrittori ormai scomparsi da decenni; eppure la fantascienza è viva e cammina con noi. Ian McDonald, autore di Desolation Road, sarà a Stranimondi con la casa editrice Zona 42 a presentare la sua nuova uscita, Ares Express. Inglese di nascita, irlandese per scelta e americano per pubblicazione, è considerato tra i migliori scrittori di fantascienza viventi, e il suo primo romanzo, il già citato Desolation Road, è stato definito un misto tra le Cronache marziane di Ray Bradbury e Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez. Non ho letto Cronache marziane – ancora – ma sono d’accordo per quanto riguarda Marquez: la fantascienza di McDonald è altamente letteraria, si rifà al realismo magico, e non manca di chiare posizioni ideologico-politiche. Il romanzo racconta la nascita, la crescita e il declino di una città su Marte, nata sulle sponde di una stazione ferroviaria sorta spontaneamente nel mezzo del Grande Deserto. Bizzarre creature, angeli meccanici e istanze popolari. Desolation Road è stato il romanzo che mi ha aperto gli occhi alla fantascienza, e di questo sarò sempre grata all’autore.

Due autori italiani che sarebbe criminale tacere, entrambi pubblicati da Zona 42, sono Andrea Viscusi e Alessandro Vietti.
Il primo ha pubblicato nel 2015 Dimenticami Trovami Sognami, un titolo che consiglio spesso e con una certa convinzione a qualsivoglia lettore, appassionato di fantascienza o meno. Al centro del romanzo, diviso in tre parti, un particolarissimo programma spaziale, la vita del protagonista Dorian, slittamenti tra sogno e realtà, curiose tesi scientifiche trattate con una serietà che solo la letteratura assicura all’impossibile.

Di Alessandro Vietti è uscito nel 2016 Real Mars, opera dallo stranissimo punto di vista – nondimeno, assai godibile – in cui il viaggio della spedizione europea su Marte viene raccontato attraverso gli occhi della televisione, con la lingua dello spettacolo e spazi pubblicitari compresi. Quattro personaggi principali in missione per conto dell’ESA, il viaggio spaziale declinato a reality show, l’assenza di privacy, la spettacolarizzazione anche dei momenti più duri, con tutto ciò che ne consegue.
Due romanzi italiani diversi tra loro per stile e trama, e che tuttavia si incontrano nel bel mezzo di una tematica importante per la fantascienza: il raggiungimento dell’impossibile, e il prezzo da pagare.

Per quanto mi riguarda, questi sono i titoli che più mi hanno portato a conoscere e apprezzare un genere che fino a pochi anni fa mi era profondamente ostico. Mi hanno aiutato a farmi un’idea delle influenze, delle tematiche fondamentali, mi hanno fatto capire che lo stile non è una costante, ma può variare sensibilmente a seconda dell’autore e del periodo.
C’è un solo crimine, in letteratura, ed è chiudersi completamente a un genere. Non è un crimine contro il genere, ma contro se stessi. Il rischio è di tagliare fuori qualcosa di meraviglioso.

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