L’assurda fantascienza di Fredric Brown3 min read
Reading Time: 3 minutesPer i non iniziati, la fantascienza può essere un genere piuttosto ostico, almeno all’inizio. Tra le decine e decine di autori che ne hanno fatto la storia, è difficile discernere quali siano i più approcciabili, o quelli che meglio si adattano ai propri gusti. Si rischia di sbagliare, azzardando un Jack Vance, coi suoi personaggi poco caratterizzati e i suoi pianeti complessi, quando si sarebbe più portati per un Asimov.
Un faro di assoluta leggerezza nella fantascienza, per quanto mi riguarda, è senza dubbio Fredric Brown, un autore che ama il proprio genere quanto adora prenderne in giro gli stereotipi, al punto che il parallelo con Terry Pratchett e il suo rapporto col fantasy viene spontaneo.
Fredric Brown è nato a Cincinnati il 29 ottobre del 1906 ed è morto a Tucson l’11 marzo del 1972. Lavora come factotum in un ufficio, poi in un luna-park itinerante, in seguito farà il correttore di bozze per undici anni, scrivendo nel frattempo una lunga serie di racconti gialli che verranno pubblicati su riviste pulp. Numericamente parlando, la sua produzione di romanzi verte verso il giallo e il noir, eppure è assai più famoso come autore di fantascienza, e credo a ben donde.
Il suo primo romanzo di fantascienza è Assurdo universo, pubblicato nel 1949 e arrivato in Italia inizialmente nella collana Urania, – ora edito da Meridiano Zero. La trama è di un’assurdità sconcertante, lo stile attuale e scorrevole. Keith Winton, direttore editoriale di una rivista di fantascienza, viene trasportato in una dimensione parallela in seguito alla caduta sulla sua testa di un razzo diretto sulla Luna. Si tratta di una dimensione che, inizialmente, gli pare identica a quella di partenza; perfino la toponomastica è rimasta invariata. Ma scoprirà presto che le differenze sono tante e importanti, e che la pericolosità è altissima. Potremmo semplificare parlando di una dimensione ucronica; la dimensione di arrivo di Keith ha preso una strada ben diversa dalla nostra quando, a un certo punto, l’umanità ha fatto un immenso passo avanti in campo scientifico grazie alle impareggiabili scoperte di uno studioso e della macchina da cucire di sua moglie.
E questo, certamente, rende l’idea del tenore del romanzo.
Un’opera parimenti emblematica dell’autore, pubblicata in America nel 1955 e giunta in Italia nel 1961 grazie alla casa editrice La Tribuna, – in seguito i diritti sono stati acquistati da Mondadori per la collana Urania, e al momento il romanzo è pubblicato da Delos Books – è Marziani, andate a casa!
L’invasione aliena è un topos ricorrente, e tipicamente viene affrontata in due modi: un’invasione scaltra e graduale, in cui gli extraterrestri prendono possesso del pianeta Terra prendendo possesso dei corpi dei suoi abitanti, oppure la classica, violenta e sanguinaria invasione propriamente detta, il ben noto tentativo di conquista di La guerra dei mondi.
Ecco, Fredric Brown reinterpreta l’invasione aliena in maniera un tantino diversa; gli alieni arrivano, non invitati, maleducati e improvvisi, e iniziano a rompere le scatole. Sono incorporei, dunque non li si può colpire né scacciare, e sono insopportabili. Seguono, stalkerano, spifferano, infastidiscono. Torturano psicologicamente gli esseri umani per il puro gusto di farlo, esserini verdi e ridacchianti privi di materia.
La produzione fantascientifica di Brown non si ferma qui; oltre a Il vagabondo dello spazio, edito da Urania, Brown ha scritto numerosissimi racconti, tra i quali un famoso caposaldo del genere, La sentinella, breve componimento reso celebre dal colpo di scena finale, – che giustamente eviterò di spiegare.
Fredric Brown è un autore che ha moltissimo da offrire in termini di inventiva, fantasia e divertimento. Per stile e tematiche, e personalmente trovo che sia uno dei nomi più adatti per avvicinarsi alla fantascienza. Lui e le sue bizzarre, bizzarre avventure spaziali.