Kafka, Joyce e la letteratura che siede sulla tazza2 min read
Reading Time: 3 minutesOvvero una situazione che mai avrei pensato di leggere in un’opera di narrativa e invece ho letto. Bukowski, in un racconto termina col protagonista che siede al cesso, ma si tratta appunto di Bukowski. Il cesso fa parte della sua poetica come ne fanno parte l’alcol, le puttane e le sigarette. Io parlo di sedere al bagno e pazientare in attesa che il proprio organismo espleti una sostanziosa evacuazione. Si tratta di una di quelle attività irrinunciabili alla vita di un uomo, ma superflue quando di quell’uomo si vuole descrivere, anzi, sintetizzare il percorso esistenziale, dare il senso del suo destino (che è poi quello che fa l’arte, sintetizza, rappresenta, trasmette). Sedere al cesso come dormire otto ore di fila è insomma una di quelle azioni che un autore non dovrebbe mettere per iscritto perché digressive nella maniera più inutile, e invece qualcuno lo ha fatto e chi?
Ovviamente James Joyce nell’Ulisse.


Succede nel quarto capitolo, quello più comunemente conosciuto come Calipso, il capitolo in cui, sempre seguendo le analogie tra l’Ulisse di Joyce e l’Odissea di Omero, si conosce il protagonista, Leopold Bloom (il padre), dopo che i tre capitoli precedenti ci hanno immerso nella telemachia, ovvero nelle disavventure di Stephen Dedalus (il figlio). Il capitolo in questione, che tratta di questioni economiche (il rognone comperato dal macellaio) e di forme femminili (la moglie evoca l’immagine della ninfa Calipso ispirata da un quadro) l’azione (per così dire) si conclude con Bloom che siede in bagno, libera gli intestini mentre legge una novella mediocre.

L’analisi che Joyce dedica alle funzioni basse del corpo è sintomatica della sua poetica e direi di tutto l’Ulisse (il romanzo considerato appunto “del corpo”, mentre il Finnegans Wake sarebbe il romanzo “dell’anima” o dell’inconscio). Quando la leggo e quando, in genere, leggo Joyce, rimango ammirato dal virtuosismo e dalla cultura di questo autore, ma ancora una volta non riesco a commuovermi, a immedesimare, a partecipare, nonostante sedere in bagno sia tra le azioni che più accomunano tutti gli uomini. Perché dedicarvi tutta questa attenzione se non per dare sfoggio di un certo virtuosismo letterario? L’intero Ulisse a me sembra una digressione corporale intrisa di un pensiero intellettualistico che poco dice dell’essere umano.
Facendo un paragone con Kafka, Joyce ha scritto per dimostrare di poter scrivere tutto mentre Kafka ha scritto per dichiarare quel poco di intellegibile che aveva colto nel periodo oscuro in cui aveva vissuto. Non so perché, ma nonostante sappia che nel prossimo futuro avrò molte più occasione di sedere in bagno di quante ne abbia di svegliarmi trasformato in uno scarafaggio, trovo Kafka molto più vicino all’essere umano e per questo appassionante di Joyce.