Domande retoriche e l’esempio di Nabokov2 min read
Reading Time: 3 minutesSebbene Umberto Eco tra le sue famose 40 regole di scrittura simpaticamente inviti a un uso parco di questa figura (il punto 23 dice “C’è davvero bisogno di domande retoriche?”), si tratta di un artificio letterario ampiamente usato in letteratura.
In pratica la domanda retorica è un interrogativo fasullo, perché la risposta è implicita: non è una richiesta di informazioni, ma è un modo di comunicare un pensiero e, spesso, un invito a riflettere su qualcosa. Vladimir Nabokov usa diverse volte questa figura retorica nel suo romanzo più famoso. Lolita è la scandalosa storia narrata in prima persona dal professor Humbert Humbert, che apparve per la prima volta in inglese nel 1955 e solo dodici anni più tardi nella versione russa dello stesso Nabokov.
La domanda retorica può essere una semplice riflessione tre sé e sé.
Sarà il Fato che ci avrà messo lo zampino?
Si chiede Humbert quando il clima nuvoloso costringe a rimandare un picnic sul lago con la sua amata, non ancora amante in questo punto del libro.
Oppure poco più avanti si chiede, a proposito del fascino esercitato dalla sua “ninfetta”:
E perché c’è sempre della voluttà nel mistero semitrasparente, nel fluente chador attraverso il quale la carne e l’occhio che tu solo sei eletto a conoscere sorridono, al passaggio, soltanto a te?
La domanda stessa suggerisce la risposta, perché chiarisce già cosa pensa chi scrive:
E io non avevo mai contato nulla, naturalmente?
Si chiede Humbert, facendo capire che è chiaramente convinto di non essere mai stato veramente amato da Lolita, finalmente legata a un uomo della sua età, verso a fine del romanzo.
Spesso questo artificio serve semplicemente per istigare una conferma.
Due ragazzine, Marion e Mabel, i cui andirivieni avevo meccanicamente seguito di recente (ma chi poteva rimpiazzare la mia Lolita?), si diressero verso la strada principale…
Oppure viene usata per rendere il lettore partecipe del proprio dubbio:
Il poliziotto (quali nostre ombre stava inseguendo?) rivolse alla piccola il suo più bel sorriso e sparì con una inversione a U.
Questa figura retorica viene usata molto spesso nel giornalismo, sia sulla stampa che in televisione, ma anche nel linguaggio parlato di tutti i giorni. Quando chiediamo “A chi importa?”, “Che te lo dico a fare?” o, con ironia, “Chi se lo aspettava?” non ci aspettiamo infatti nessuna risposta…