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Scrittura e pseudonimi. Non solo Elena Ferrante4 min read

23 Aprile 2018 5 min read

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Scrittura e pseudonimi. Non solo Elena Ferrante4 min read

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In questi giorni si parla molto della serie televisiva che uscirà a breve tratta da L’amica geniale, caso letterario firmato Elena Ferrante, pubblicato in Italia da E/O e poi tradotto e amato in diversi Paesi, tanto che l’americano Time nel 2016 ha inserito la sua autrice tra le 100 persone più influenti al mondo. Gli otto episodi della serie saranno diretti da Saverio Costanzo e realizzati da una partnership tra Hbo, Rai e Tim Vision.
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Il romanzo è il primo della quadrilogia composta tra il 2012 e 2014, al cui centro c’è la storia dell’amicizia tra Elena, detta Lenù, che è anche la narratrice della storia, e Raffaella, detta Lila, due bambine e poi donne molto diverse da loro, ma entrambe intelligenti e a modo loro affascinanti. Parte dello straordinario successo che hanno riscosso i romanzi deriva anche dalla curiosità sull’identità dell’autrice Elena Ferrante, che non solo ha adottato uno pseudonimo ma ha anche scelto di non mostrarsi mai in pubblico, sostenendo che i suoi romanzi sono “organismi autosufficienti”, per cui la sua presenza non aggiungerebbe nulla di utile. Sono state avanzate varie ipotesi sull’identità dell’autrice, che sta collaborando attivamente alle riprese della fiction e pare viva tra l’Italia e New York, ma nessuna è mai stata confermata. Dalle sue opere, per altro, erano già state tratte alcune trasposizioni cinematografiche: L’amore molesto e I giorni dell’abbandono, girati rispettivamente da Mario Martone e Roberto Faenza.
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Il termine pseudonimo indica un nome diverso da quello reale usato da un artista che non vuole (o non può) firmare le proprie opere con il suo vero nome. In letteratura sono molti gli autori che hanno usato un nom de plume, per i più diversi motivi. Tra gli italiani più famosi c’è senz’altro l’autore di La coscienza di Zeno: il vero nome di Italo Svevo era Aron Hector Schmitz e ha scelto questo pseudonimo come omaggio alle sue radici italiane e tedesche.
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Alberto Pincherle ha scelto di firmarsi Alberto Moravia in ricordo di sua nonna, mentre Sveva Casati Modigliani è il nom de plume scelto da Bice Cairati e il marito Nullo Cantaroni, autori di romanzi tradotti in 17 Paesi. Carlo Lorenzini è il vero nome dell’autore di Pinocchio: scelse Collodi dal nome del paese natale della madre, mentre Umberto Saba si chiamava Poli, ma scelse di firmarsi Saba in ricordo della sua balia Peppa Sabaz.
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Lo pseudonimo Sibilla Aleramo fu suggerito a Rina Faccio da Giovanni Cena, direttore della rivista “Nuova antologia”, che trasse il cognome Aleramo dalla poesia del Carducci Piemonte, mentre lo scrittore, pittore e compositore Andrea de Chirico aveva scelto lo pseudonimo di Alberto Savinio, forse per non essere confuso con il celebre fratello Giorgio. Ignazio Silone si chiamava invece Secondo Tranquilli.
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Per fare qualche esempio straniero Stephen King ha usato un pen name quando, già all’apice del successo, firmò alcuni romanzi con un nome di fantasia, che poi fu costretto a cambiare, mentre Joanne Rowling ha aggiunto una K al suo nome, accorciandolo in J.K. Rowling, per gettare un po’ di mistero sulla propria identità (e sul genere) e, in più, è diventata Robert Galbraith quando è uscita in libreria con Il richiamo del cuculo, primo della serie con come protagonista l’investigatore Cormoran Strike, poi diventato best seller.
Agatha Christie ha cambiato nome quando ha abbandonato i gialli, firmando alcuni libri come Mary Westmacott.
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Quando a Isaac Asimov fu chiesto di scrivere un libro di fantascienza che sarebbe diventato una serie tv, scelse di “trasformarsi” in Paul French: il progetto non è mai andato in porto, ma intanto Asimov ha scritto altri sei romanzi usando quello pseudonimo. Lewis Carroll era il nom de plume di Charles Lutwidge Dodgson, una deformazione giocosa del suo vero nome: Lewis è la versione inglese di Ludovicus (da cui deriva Lutwidge), mentre Carroll è l’anglicizzazione di Carolus, il latino per Charles.
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L’autore di Tom Sawyer e Le avventure di Huckeberry Finn non si chiamava Mark Twain ma Samuel Langhorne Clemens, mentre, cambiando totalmente genere ed epoca, Sophie Kinsella, diventata famosa grazie alla serie con protagonista la shopping addicted  Rebecca Bloomwood, si chiama Madeleine Sophie Wickham. Dietro George Orwell si nascondeva invece Eric Arthur Blair.
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Pablo Neruda si chiamava Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto e scelse il cognome in onore del poeta cecoslovacco Jan Neruda, mentre pare che il nome sia un omaggio a Paul Verlaine. Fernando Pessoa è diventato, a seconda dei casi, Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro e Bernardo Soares, mentre
Stendhal si chiamava in realtà Marie-Henri Beyle.
Diverse sono le scrittrici spinte a scegliersi un nome di fantasia maschile, pensando, forse non a torto, di attirare più lettori: le sorelle Brontë all’inizio usarono tre diversi nomi d’arte, ma conservando ciascuna le proprie iniziali, mentre Karen Blixen firmò il suo primo libro con il nome di Isak Dinesen.
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Dunque il nome di fantasia può venir scelto per non mettere in imbarazzo un parente famoso (o, viceversa, per vergogna), perché non si ama il proprio nome, per mille motivi di marketing o, semplicemente, per il fascino di avere un’altra identità. Nessuno può sapere, per altro, quanto una firma incida sul successo di un’opera. Secondo William Shakespeare, per esempio, non molto: “Che cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, sembrerebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”.

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