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Cose da scrittori

Maiuscola e minuscola: insegna Frankie Machine di Don Winslow5 min read

28 Marzo 2018 5 min read

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Maiuscola e minuscola: insegna Frankie Machine di Don Winslow5 min read

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Scrivendo può capitare di chiedersi come e quando usare l’iniziale maiuscola: a parte i casi più ovvi come i nomi propri ci sono parole ed espressioni che possono dare adito a dubbi. Vediamo i casi principali, tenendo conto del fatto che ogni casa editrice può avere le sue preferenze.
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Come in alcuni post precedenti sulle regole grammaticali (virgola, apostrofo, d eufonica, due punti e tre puntini) prendiamo a esempio un romanzo celebre e decisamente bello, in questo caso firmato da Don Winslow, autore di polizieschi contemporanei letti in tutto il mondo. L’inverno di Frankie Machine (The Winter of Frankie Machine), edito in Italia da Einaudi nel 2008 con la traduzione di Giuseppe Costigliola, è ambientato a San Diego, dove vive Frankie Machianno. Ultrasessantenne appassionato di surf, lavoratore instancabile e padre devoto, Frankie ha un passato molto truce legato alla mafia californiana che gli è valso, appunto, il soprannome di “Machine”.
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Per cominciare, l’iniziale maiuscola si usa, ovviamente, quando è richiesto dalla punteggiatura, quindi dopo il punto fermo e, in genere, dopo quello interrogativo, esclamativo e i tre puntini se hanno valore di punto fermo.
Ma che diavolo, riflette Frank, non è quello che hanno sempre fatto gli immigrati in questo paese? Aveva letto degli articoli sui cinesi che intorno alla metà dell’Ottocento avevano una flotta di sgangherate imbarcazioni, fin quando le leggi sull’immigrazione li avevano costretti a smantellarle.
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Poi vogliono la maiuscola la prima parola di citazioni tra virgolette introdotte dai due punti e tutti i nomi propri, di persona come di cosa.
Che vitaccia.  È il primo pensiero di Frank Machianno quando la sveglia trilla alle 3.45 del mattino.
Frank ha acquistato un paio di biglietti per il teatro dell’Opera di San Diego, e Donna è così gentile da mostrarsi entusiasta di accompagnarlo.

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Hanno l’iniziale maiuscola i soprannomi (e il titolo del libro di Winslow è l’esempio perfetto), i periodi storici e geologici e particolari avvenimenti diventati unici per la loro eccezionalità (Rivoluzione francese), le festività religiose e civili e alcuni nomi comuni, se considerati nel loro significato più alto e nobile (la Storia).
Iniziano con la maiuscola anche i nomi dei secoli e dei decenni del XX secolo.
Frank è cresciuto in quei luoghi, nei mitici anni Sessanta, quando la costa di San Diego era un paradiso, poco battuta dal turismo e non ancora sviluppata. Un tempo in cui i surfisti erano pochi e si conoscevano tutti.
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Sono maiuscole particolari espressioni diventate antonomastiche, a livello universale (la Grande Guerra) o per invenzione di uno scrittore.
L’Ora dei Gentiluomini è un’istituzione in ogni luogo della California dove si pratica surf.
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Hanno, invece, l’iniziale minuscola in generale i nomi dei mesi e dei giorni della settimana, i termini via, piazza e simili, le cariche amministrative, religiose, militari e simili, i movimenti politici, religiosi e filosofici e gli appellativi come signora e signorina.
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E, infine, vogliono la minuscola i nomi delle istituzioni scolastiche e delle facoltà.
Anche sua figlia, Jill, lo tormenta con quella storia. Si è appena laureata in medicina all’università di San Diego, e naturalmente crede di sapere tutto.
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I termini nord, sud, mezzogiorno, oriente e occidente sono maiuscoli se indicano una specifica zona geografica e minuscoli in caso contrario.
Un’enorme T maiuscola di cemento e ferro protesa sull’Oceano Pacifico, con l’anima centrale che corre per quasi cinquecento metri prima che le sbarre trasversali si allunghino a eguale distanza verso nord e sud.

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I nomi dei pianeti hanno la maiuscola se citati in un contesto astronomico-scientifico, e la minuscola in caso contrario.
Erano momenti fugaci in cui in religioso silenzio si contemplava il sole che sprofondava all’orizzonte, tingendo l’acqua d’un arancio scintillante, di rosa e di rosso, e ci si sentiva dei privilegiati ad assistere a un simile spettacolo.
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Per le parole straniere, infine, vanno seguite le regole di ciascuna lingua. In generale si ricorda che: in tedesco tutti i sostantivi hanno l’iniziale maiuscola, in inglese vanno scritti in maiuscolo i nomi dei popoli e gli aggettivi che ne derivano, tutte la parole di un titolo tranne articoli e brevi preposizioni e gli appellativi Sir, Lord, Miss ecc. mentre in francese, per finire, vanno scritti in maiuscolo le abbreviazioni di Mme (per Madame), M. (per Monsieur) ecc. e, nei titoli, il primo sostantivo dopo l’articolo.
E quando l’ultima scheggia scarlatta scompariva dietro il bordo del mondo, si andava a caccia di ramaglie per accendere un bel falò e cucinare pesce, hot dog e hamburger, qualsiasi cosa da improvvisare seduti intorno a un fuoco, finché qualcuno tirava fuori una chitarra e attaccava Sloop John B, Barbara Ann e qualche vecchio pezzo folk, poi, se ti diceva bene, sgattaiolavi nel buio con una coperta in compagnia di una ragazza e ti mettevi a pomiciare, con lei che sapeva di sale e di crema abbronzante, e che magari ti permetteva di far scivolare la mano sotto il reggiseno del costume, e toccavi il cielo con un dito.
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Ci sono poi molti altri casi in cui non è facile scegliere tra maiuscola e minuscola: in generale oggi tutti gli editori tendono a usare più minuscole rispetto a tempo fa, salvo le cosiddette “maiuscole di rispetto”, legate a titoli nobiliari, cariche e organismi statali. Le regole redazionali sono per altro in continua evoluzione, in generale bisogna ricordarsi di stabilire dei criteri (o chiederli al proprio editore) e cercare di rispettarli, in nome della maggiore uniformità possibile.
Se è vero che “scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli” (Emilio Salgari) è anche vero che richiede attenzione, pazienza e meticolosità. Anche Winsolw ha raccontato di aver scritto il suo primo romanzo a 19 anni: “Poi lo lessi, e lo gettai immediatamente nell’immondizia. Era terribile. Ero da solo in una stanza e provai un senso di umiliazione. Credo ci vollero almeno dieci anni prima che riuscissi a trovare il coraggio di scrivere di nuovo narrativa. Sapevo bene che era proprio quello che volevo fare – questo è il punto – ma non avevo ancora imparato a gestire la cosa”. Poi però ci è riuscito divinamente.

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