Sceneggiatura e romanzo: qualche riflessione personale3 min read
Reading Time: 3 minutesConfesso che non sono un grande appassionato delle immagini in movimento. Nella mia vita ho visto davvero pochi film, rispetto alla media delle persone a me coetanee, e meno ancora serie TV. Ho sempre preferito al mezzo-video la pagina scritta, o tutt’al più quella disegnata. Il mondo invece sembra andare da tutt’altra parte: i libri si leggono sempre meno, mentre il cinema e le serie TV, in particolare quelle di intrattenimento, continuano a fatturare e a dare un sacco di lavoro a scrittori e sceneggiatori.
Non so se sia giusto dire che i registi e gli sceneggiatori siano gli intellettuali di oggi, non vorrei spingermi a tanto. Esiste ancora tanta gente che scrive libri e tanta che li legge. Mi limiterò a fare però un’osservazione banale, magari provocatoria. Può essere che questo spopolare di televisione e film sia il riflesso di una passività generale dei nostri interessi?
Questa osservazione, maturata in tanto tempo, ha origine nella domanda di cui all’inizio: perché mi annoio a guardare film e serie TV? E perché la gente ci sta tanto dietro invece? Mi sono risposto che, per quanto mi riguarda, è il fatto di non poter avere il controllo dei tempi della narrazione a farmi distrarre, paradossalmente, da quello che sto guardando. È vero che anche il libro, in particolare quello di narrativa, è qualcosa di inventato da qualcun altro, che ha i suoi tempi, il suo stile, che sceglie cosa descrivere e cosa no, quanto approfondire i personaggi eccetera. Tuttavia il margine di gioco del lettore è ampio. La lettura può essere rallentata, o accelerata se in una parte poco interessante, ed è la mente a lavorare e a costruire le immagini evocate, per quanto possano essere descritte in maniera maniacale dall’autore.
Ecco, mi pare che nel cinema e nei serial tutto questo non avviene, o almeno, spesso non avviene, e ancora più spesso non deve avvenire. Se ci troviamo di fronte a un film moderno, non possiamo non essere passivi, le immagini non possono essere rallentate, tutti i tempi, i dialoghi, le facce, le ambientazioni, sono stati scelti per noi. Badate bene che non sto affermando che sia un male, nella maniera più assoluta. Non prendetemi per un vecchio sclerotico all’attacco dei nuovi media… Il mio intento è solo tracciare le differenze.
Di sicuro il lavoro di sceneggiatore, forse, è altrettanto complesso che quello di uno scrittore. La scelta dei tempi è fondamentale, le immagini devono essere esplicite di qualcosa che si vuole comunicare, e il rischio di avere buchi nella trama è molto elevato, specialmente nelle serie TV. Inoltre lo storytelling è una vera e propria arte, quasi una scienza, che non può essere lasciata al caso, soprattutto se si vuole raggiungere un vasto pubblico.
D’altra parte è vero anche che nella società del “mordi e fuggi” come quella di oggi, molti libri sono creati quasi in laboratorio, sono posticci, toccano corde emotive o suggestioni che il “target” letterario vuole raggiungere e via dicendo. Quindi anche molti lettori sono passivi, nella lettura. Così come è vero che esistono film e serie TV dall’elevato spessore estetico (mi viene da pensare all’intramontabile Werner Herzog, e all’indiscusso David Lynch), che ammaliano lo spettatore e lo portano a riflettere, anche senza dire niente, grazie alla sola potenza delle immagini.
Quindi dov’è la verità? È solo una questione soggettiva oppure esiste una reale differenza, non di realizzazione, ma di possibilità di fruizione dei diversi media in generale? Ed è forse questa l’enorme difficoltà che si incontra nell’adattare un romanzo per il grande o il piccolo schermo?