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Secondo una ricerca leggere fantascienza rende stupidi3 min read

1 Dicembre 2017 3 min read

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Secondo una ricerca leggere fantascienza rende stupidi3 min read

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Qualche giorno fa, sul sito fantascienza.com veniva riportata la notizia di uno studio americano che avrebbe compreso in che modo storie diverse incidano diversamente sull’attenzione dei lettori. L’articolo estratto dallo studio in questione dà conto delle metodologie e dei numeri statistici del case study ed evidenzia come la lettura di due racconti, sostanzialmente identici, ma con dettagli leggermente diversi, forniti a due gruppi di persone distinti, provochi un diverso range d’attenzione nei due gruppi. Neanche a dirlo, i dettagli riguardano il sottogenere della fantascienza. Risultato: quando il lettore si troverebbe a leggere di alieni e robot automaticamente “abbasserebbe la guardia” e inizierebbe a leggere distrattamente, sottovalutando la narrazione nel suo complesso. “Rispetto a chi aveva letto la versione realistica, i lettori del testo di fantascienza hanno dimostrato meno immedesimazione, meno fruizione dell’esperienza, meno empatia. […] I lettori del testo di fantascienza hanno avuto un punteggio inferiore in comprensione in generale, e in particolare nelle sottocategorie riguardanti la psicologia, l’ambientazione e la trama”.

Chris Gaveler, uno degli autori dell’articolo, nonché appassionato del genere fantascientifico e supereroistico, sostiene che l’idea di un esperimento del genere sia nata “dal fastidio provocato da uno studio del 2013 in cui gli autori sostenevano che leggere narrativa realistica rendesse più intelligenti che leggere narrativa di genere”. Non che fosse a priori in disaccordo, ma l’autore avrebbe preferito maggiori dettagli a riguardo, che a suo dire mancherebbero nell’articolo, e soprattutto avrebbe voluto capire per quale motivo l’espressione “literary fiction” andrebbe opposta a quella di “science fiction”, come se il sottogenere fantastico fosse in qualche modo inferiore alla letteratura realistica. Partendo da qui, definendo al meglio i due termini, i due autori hanno realizzato le due storie e le hanno sottoposte ai gruppi, e hanno avuto come risultato qualcosa che ha stupito loro stessi: non sono i generi, realistico e fantascientifico, a richiedere una maggiore o minore intelligenza, ma è l’approccio del lettore a fare la differenza riguardo la capacità di immedesimazione nella storia e nella sua comprensione.
La domanda quindi “leggere fantascienza rende stupidi?” è solo una provocazione, anche se fino a un certo punto. Oggi sappiamo bene che la soglia di attenzione non indica affatto un ritardo cognitivo. Parlando in termini più spiccioli, a me pare, e credo che sia opinione anche degli autori dell’articolo (e di sicuro di Silvio Sosio, autore del pezzo su fantascienza.com), che con uno studio del genere sia venuto fuori, ancora una volta, solo il pregiudizio cronico, e purtroppo generalizzato, di un pubblico un po’ superficiale. Il merito di questo studio sta quindi nell’aver spostato il focus dalla comprensione di un testo in quanto tale alla soglia di attenzione del lettore nell’approcciarsi ad esso, rivalutando così, almeno in parte, la “bontà” del genere.
Philip Dick sosteneva che leggere o scrivere di fantascienza sarebbe sostanzialmente la stessa cosa, lo sforzo intellettivo è il medesimo e io non posso che essere d’accordo. Non posso dimostrarlo con uno studio scientifico, né mi va, ma credo sia innegabile quanto il lavoro di fantasia giovi all’intelligenza umana. Se poi leggere (di fantascienza) è davvero come scrivere, beh, sappiamo anche che tipo di effetti positivi abbia sulla nostra mente.
Insomma, è un po’ triste che ancora oggi si debba ancora parlare di rivalutazione del genere fantascientifico; come se ce ne fosse bisogno… Probabilmente esiste il pensiero diffuso che sia “solo” roba da fumetti, film o serie tv con effetti speciali, con alieni, spade laser e robot. Vero è che esistono migliaia di opere “mascherate” di fantascienza, create magari a tavolino con un’ambientazione di genere sebbene lontane dal genere stesso, ma non è un buon motivo questo per stigmatizzare o considerare inferiore una realtà che ha ormai una tradizione centenaria ben consolidata e milioni di fruitori.

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