Parole straniere in un testo: come e quando usarle?3 min read
Reading Time: 3 minutesChi scrive un libro, o un testo di qualsiasi genere, si trova praticamente sempre a dover usare una o più parole straniere e spesso non sa bene come farlo.
Esiste un criterio generale che divide i termini stranieri in due gruppi: il primo è composto da quelli che sono ormai diventati di uso comune nella nostra lingua, che vanno scritti in tondo. Nel secondo rientrano invece le parole straniere che non sono state assimilate dall’italiano, per le quali va usato il corsivo. Fanno ovviamente eccezione i nomi propri (di persona, associazioni, nomi geografici e di partiti politici) che restano in tondo, mentre vanno sempre scritti in corsivo i nomi traslitterati da un altro alfabeto (bar mizwàh).
Non si tratta, ovviamente, di un criterio netto in base al quale è possibile affidare una parola a una delle due categorie: se è ovvio che termini come computer, college, fashion, o rendez-vous sono entrati a far parte del nostro linguaggio quotidiano, ci sono parole per cui non è facile decidere. La lingua è un organismo in continuo divenire, che viene costantemente arricchita, o contaminata, da parole provenienti da ogni zona del mondo, in una realtà sempre più globalizzata ed eterogenea. Esistono poi delle variabili legate al contesto, al momento storico in cui si scrive, o nel quale si ambienta un testo e, infine, all’argomento trattato. La scelta è quindi spesso determinata dalla sensibilità dello scrittore, o del redattore che rivede il manoscritto, che deve stabilire quando usare il corsivo o meno.
Come comportarsi allora? Molte case editrici hanno un elenco dei principali termini che preferiscono lasciare in tondo e viceversa ed esistono, comunque, alcune indicazioni di carattere generale da tenere sempre presente quando si scrive. Proviamo a elencarle.
1) Sia che si scelga di lasciare una parola in corsivo sia che si opti per il tondo, è necessario rispettare la corretta grafia originale, per cui per esempio le parole francesi hanno l’accento (élite, rétro), mentre quelle tedesche iniziano con la lettera maiuscola (Leitmotiv).
2) Il genere. I termini acquisiti dalla lingua italiana, e quindi lasciati in tondo, vanno usati secondo il genere ormai consolidato (la mail, il film), mentre quelli usati in corsivo devono rispettare il genere della lingua originale (la “Süddeutsche Zeitung”). Le parole che nella lingua d’origine sono di genere neutro (come di fatto tutte quelle inglesi) possono essere messe al maschile o femminile a seconda dell’uso o del genere della corrispondente parola in italiano (“la Review of Books”).
3) La morfologia. I termini che vengono lasciati in tondo sono invariabili al plurale (i film, i referendum), mentre quelli scritti in corsivo vanno declinati secondo le regole della lingua di appartenenza (le tapas, i Mèmoirs).
4) Nomi geografici. Tutti i nomi geografici che hanno una forma italianizzata ormai entrata nella tradizione vanno usati in questo modo (Parigi, Londra), mentre per tutti gli altri è necessario controllare su un atlante, Treccani o Touring Club, anche on line, e riportarli nella forma corretta, compresi eventuali segni diacritici particolari.
Queste sono le regole basilari, a cui bisogna aggiungere un certo buon senso, per cui sarebbe bene evitare un uso eccessivo di parole straniere, oppure se non si può proprio farne a meno a causa del tema o del contesto, è bene usare il tondo per evitare uno spiacevole effetto grafico. In alcuni casi, proprio per evitare questo effetto, è possibile usare il corsivo solo la prima volta che si usa un termine e il tondo le volte successive.
Ultima accortezza, quando le parole straniere sono molte e non si è certi che i lettori conoscano il loro significato è bene inserire un Glossario finale (come fa, tra gli altri, Einaudi per alcuni autori di origine ebraica quali Yehoshua