Libri e mestieri. Il correttore di bozze5 min read
Reading Time: 4 minutesAlienante e appassionante al tempo stesso, sottovalutato eppure fondamentale, sottopagato eppure faticosissimo, il correttore di bozze è un lavoro con caratteristiche e regole uniche e particolari, che in pochi conoscono e in molti non comprendono. Frequento da anni questa realtà, perché, parallelamente alla mia professione da giornalista, mi sono occupata di riletture e correzioni per diverse redazioni, case editrici e studi editoriali.
Chi è e cosa fa esattamente un correttore di bozze? Appassionato di letteratura, e in generale di tutto ciò che viene scritto, un vero correttore legge, corregge, uniforma, rifinisce, ammorbidisce, plasma e modella, come un silenzioso scultore della parola. Non si fa influenzare da ciò che legge perché lavora su un piano parallelo, di cui lui solo conosce regole e gerarchie.
Addentrandosi tra una serie infinita di segnali che conoscono solo gli addetti ai lavori, si occupa di scovare refusi ed errori grammaticali e ortografici, di individuare le ripetizioni e proporre sinonimi, di trasformare frasi troppo lunghe in affermazioni più semplici e comprensibili, eliminando il superfluo e suggerendo una soluzione che non urti la sensibilità di chi ha scritto. Le ripetizioni sono uno degli errori più diffusi: non c’è scrittore che non sia particolarmente affezionato a qualche parola da usarla in continuazione, spesso senza accorgersene. In particolare si tende a ripetere sempre uno stesso avverbio (soprattutto quelli temporali) o una stessa congiunzione.
Un lavoro fatto bene, inoltre, comporta una serie di controlli che richiedono tempo e pazienza. Bisogna verificare che tutte le parole straniere siano state scritte correttamente, che eventuali riferimenti a eventi storici, date o personaggi realmente vissuti siano esatti. E se è possibile ricorrere al web è comunque necessario andare a fondo e non fidarsi del primo risultato trovato su Google. È poi indispensabile verificare la correttezza di eventuali nomi di nazioni, città, piazze o vie. Gli scrittori esordienti italiani che ambientano le vicende dei loro libri in qualche città o college americano, dando per scontato che tutto sia come al cinema, dovrebbero verificare con calma se i luoghi di cui parlano sono esattamente dove e come li hanno immaginati.
Ma le difficoltà non finiscono qui. Spesso uno scrittore elabora varie stesure di un testo, modificando di volta in volta i nomi dei personaggi, le loro caratteristiche o gli avvenimenti stessi, salvo poi fare confusione tra le varie stesure e incorrere in sviste che potrebbero trasformarsi in errori gravi e grossolani. Bisogna leggere e rileggere, sfogliare avanti e indietro, appuntarsi il numero di pagina in cui compare qualcosa che qualche pagina avanti – o indietro – sembrava diversa.
Passione, ma anche pazienza, memoria e precisione sono quindi caratteristiche fondamentali per questa figura. Ma ce n’è un’altra che apparentemente cozza con la rigidità che questo lavoro richiede, dalla quale, però, non si può prescindere in nessun modo: la duttilità. In che senso? Nel senso che, soprattutto chi lavora come free-lance oppure in uno studio editoriale con più clienti, deve di volta in volta adattarsi ai rigidi criteri della casa editrice per cui legge e corregge (uniforma, rifinisce eccetera, ma questo l’abbiamo già detto). All’inizio di ogni nuova lettura viene infatti consegnata una serie di regole da rispettare scrupolosamente, resettando quelle che riguardavano il testo precedente. Gli esempi per chiarire questo punto potrebbero essere migliaia, ma basterebbe prendere due libri di diverse case editrici (o, talvolta, anche diverse collane o diversi autori dello stesso editore) per accorgersi che esistono variabili (quasi) infinite di una stessa regola. A seconda dell’editore, infatti, cambiano i criteri per le lettere maiuscole (Paese o paese?), per i titoli dei libri o dei film, dei bar e dei ristoranti (corsivo o virgolette, e, nel caso, virgolette singole o doppie, basse o alte?), per le citazioni e i dialoghi, per le date e i numeri (in cifra o in lettera? Bisogna inserire i punto nelle migliaia?).
In questo modo gli errori da scovare si moltiplicano a dismisura, come tranelli orditi da menti malvagie, perché anche ciò che non è sbagliato da un punto di vista ortografico o grammaticale può diventarlo perché non rispetta un certo criterio.
Dopo tante riflessioni sorge spontanea una domanda: che cosa spinge qualcuno a intraprendere un lavoro del genere? Certo non i guadagni, visto che chi lavora come free-lance percepisce da un minimo di un euro a un massimo di tre (lordi!) a cartella. È qualcosa di indefinibile e complesso, che parte da un amore smisurato per la parola e si compiace di un certo godimento nell’accorgersi che, dopo tanto faticare, si ottiene un bel risultato. È una professione per certi versi simile a quella di chi restaura un’opera d’arte. Richiede una dedizione e una passione pari a quelle dell’archeologo che scava senza sosta o si immerge con fatica, certo di trovare qualcosa. E di scoprire che, quasi sempre, ne è valsa la pena.
Ovviamente come in tutti i lavori, anche qui c’è il rischio di una, fastidiosissima e costante, deformazione professionale. Fastidiosa e costante non solo per chi è vicino a lui, ma per il correttore stesso, che si secca e si indispettisce in maniera smisurata se trova un refuso in un qualsiasi sms, che prova un senso di rabbia ingiustificata se scova una ripetizione in un dépliant pubblicitario, se in un annuncio di ritardo che scorre sullo schermo alla pensilina del tram manca una virgola (invece di innervosirsi per il ritardo) o se in una mail in cui lo si invita a un aperitivo il nome del locale è scritto sbagliato e magari senza la prima lettera minuscola!
Scherzi a parte, è un lavoro di grande professionalità e responsabilità. In costante evoluzione, è stato letteralmente rivoluzionato dall’uso di internet, che va usato per i motori e metamotori di ricerca, così come per le web directory ma non va mai e poi mai considerato una scorciatoia.
Chi vuole pubblicare un libro senza errori deve rivolgersi a un professionista competente e di esperienza. Meglio ancora sarebbe farsi supportare da un team, visto che l’ideale è far leggere a persone diverse ogni “giro” di bozza, che, oltre alla lettura, dovrebbe comprendere il riscontro degli errori segnati in precedenza.
Il correttore, in conclusione, è quindi una figura professionale in perenne cambiamento, ossessiva ma malleabile, capace di guizzi e ingegni improvvisi ma dotata di un’infinita dose di pazienza e meticolosità. È, soprattutto, una figura che non potrà mai scomparire. Almeno fino a quando si continuerà a scrivere.