Scribacchiolando, il tempo di scrivere3 min read
Reading Time: 3 minutesChi scrive sa che la mancanza di tempo non è mai solo mancanza di tempo; sarebbe facile svegliarsi un’ora prima o andare a letto un’ora più tardi, per ritagliare quel che serve per mettere insieme una manciata di pagine per volta, ammonticchiarle e poter apprezzare, dopo un anno o due, un risultato da mezza risma di carta.
Il tempo per scrivere non può essere semplice tempo. Non è tempo da caffè, da visione disimpegnata di serie tv, da chiacchierata leggera con un amico.
Scrivere richiede una mente lucida e attenta, una discesa nei campi profondi della psiche – la propria, quella dei personaggi o di un ipotetico lettore ideale. C’è chi si impone una disciplina ferrea, che se non ha raggiunto un preciso tot di pagine non si alza dalla sedia. Ci sono gli Ernest Hemingway, i Jack London, gli Stephen King, precisi a livelli svizzeri, manco dovessero timbrare il cartellino.
Poi ci siamo noialtri, i disgraziati che in assenza di calma e mente lucida non riescono a buttare giù due righe, e già quelle due righe sanno di sangue e sudore.
Come si fa a crearsi dei ritagli di tempo utile, spendibile, che non sia un scambio di sguardi con la pagina bianca?
Io sto cercando di capirlo, mentre gli impegni mi rosicchiano le ore e la capacità di concentrazione alla maniera di cannibali affamati.
E nel frattempo, lancio qui quello che penso di aver capito finora sulla Meravigliosa Arte del Crearsi del Tempo.
1. Scegliere uno o due giorni la settimana in cui raggruppare tutte quelle fastidiose incombenze del vivere adulto, e dedicare quello che resta alla scrittura.
2. Non è detto che un po’ di relax debba essere per forza malvagio. Mi è capitato di scrivere con tanta concentrazione da farmi bruciare gli occhi e pulsare il cervello. A quel punto l’unica è staccare, se non si vogliono scrivere una marea di sciocchezze sgrammaticate. Per evitare di arrivare a siffatto punto di prostrazione, si può decidere di fare una pausa ogni tot pagine, a seconda della stanchezza.
3. I social-network. Ecco, io ho deciso di farmi un regalo per il mio compleanno, un comodo netbook da portarmi ovunque. In questo stesso netbook bloccherò saggiamente la connessione internet. Perché Facebook, per quanto mi riguarda, è una parte fin troppo importante del pozzo senza fondo in cui finiscono le mie ore.
4. Questa è una giusta regola di cui devo ancora imparare a fare uso: dire di no agli amici. Ai caffè, agli aperitivi, alle chiacchiere su whatsapp. Bisogna saper mettere dei paletti a protezione del tempo per scrivere, che se si prende sul serio la scrittura, ecco, bisogna saperla trattare con la fermezza di un lavoro “vero”. Mica fare come me, che appena mi chiedono se ho voglia di fare due passi mollo tutto e addio velleità letterarie.
5. Capita di essere stanchi; anzi, quando si lavora è praticamente una costante. Bisogna trovare un metodo di decompressione in grado di lavare via, se non la stanchezza, almeno lo stress della giornata. Può essere una tisana davanti a una puntata di Friends, una partita a campo minato, una buona mezzora di ballo scatenato sulle note dei Chipmunks – dite quello che volete, io almeno una volta al mese mi chiudo a chiave nella mia stanza e danzo su musiche inqualificabili.
La quotidianità, lo dice il termine stesso, è roba di ogni giorno. Se lasciamo che ci fermi, siamo fregati.
Ebbene, vi ho detto tutto ciò che ho trovato di utile finora. Sarò più che lieta di accogliere i vostri consigli in zona commenti, che siamo tutti scrittori coi metodi degli altri.