Buon compleanno J. K. Rowling – Quello che mi ha dato Harry Potter3 min read
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Ora che scrivo quest’articolo – ma lo finirò poi in tempo? – è il 31 Luglio. Giusto un paio d’ore fa ero in cucina con mia sorella, tentavamo di pranzare con ravioli vegani trovati in offertissima ripieni di robe strane che onestamente hanno fatto abbastanza schifo a entrambe. Ma il punto non sono i ravioli, quanto il fatto che mia sorella a un certo punto alza la testa dall’immondo piatto e mi dice che oggi è il compleanno di Harry.
“Di chi?”
“Di Harry.”
“Henry? Chi è Henry?”
“Harry.”
“Harry chi?”
E insomma, alla fine ci sono arrivata, vergognandomi per non averlo capito subito. Tra l’altro non è solo il compleanno di Harry, ma pure quello di sua madre, J. K. Rowling.
E dunque?, mi si potrebbe chiedere.
E dunque è una data importante. Lo è per me, almeno. Immensamente.
Non voglio farla lunga, perché di Harry Potter si è detto e si continuerà a dire di tutto. Dello stile e della storia che maturano con l’andare dei libri, dei palesi ma non immediati legami tra i nazisti e i Mangiamorte, di Emma Watson che ora è un’icona femminista, di Pottermore, di un universo in costante espansione. C’è troppo da dire e, per quanto mi riguarda, troppo da adorare. Il mio legame con la saga di Harry Potter non ha molto di razionale, non ha senso che io cerchi di analizzarla obiettivamente. Quindi vi offro il mio affetto per l’opera tutta, in una serie di punti di cui, credetemi, potreste tranquillamente fare a meno riguardanti
Quello che Harry Potter mi ha dato
Una delle foto cui tengo di più in assoluto; quella insieme a mia sorella, l’una accanto all’altra, di fronte allo Specchio delle Brame ai Warner Studios di Londra.
Qualcuno con cui crescere, perché Harry Potter e la pietra filosofale è uscito in Italia che io avevo 12 anni, e Harry 11. Un anno appena di differenza, mi sarebbe bastato farmi bocciare in prima media per essere in classe con lui. In teoria. Ci siamo tenuti compagnia per sette anni ed è stato bellissimo.
Una comoda risposta sui colori della mia tesi universitaria. Oro e rosso. Grifondoro per sempre.
Una fonte di vicinanza e comunione con tutti gli altri Potterhead. Tra noi ci si riconosce, un po’ perché indossiamo spesso accessori della serie, un po’ perché chi ama Harry Potter ne parla spesso. A me basta adocchiare un lembo di sciarpa per saltare su e chiedere “Personaggio preferito?”
Come dicevo sopra, ho iniziato la saga che avevo 12 anni, dunque avevo ancora un bel po’ da imparare sul mondo e sulle persone. E non è che Harry Potter non mi abbia insegnato nulla, tutt’altro. Mi ha insegnato delle zone grigie, di quanto sia difficile perdonare e ancora di più ammettere i propri errori; che si può cambiare o rimanere gli stessi, e si tratta sempre di una scelta. Che si può nascere Serpeverde e diventare Grifondoro, o si può scegliere di restare Tassorosso, perché ogni Casa è degna di rispetto.
Harry Potter, si sarà notato, mi fa regredire. Tornare indietro a un tempo in cui la mia mente era giovane e malleabile e poteva accogliere un mondo intero. Buona parte di ciò che sono lo devo a Hogwarts, e possa non venire mai il giorno in cui ne proverò vergogna.
(certo, ‘sta maledetta Giratempo.)