Scribacchiolando, di temi profondi e visioni del mondo3 min read
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Curiosamente l’argomento mi ha sfiorata più volte negli ultimi giorni, partendo comunque da persone diverse. Prima chiacchierando con un amico di narrativa e tematiche profonde, poi scorrendo l’homepage di Facebook e incontrando il post di un amico scrittore. Il tema.
Il tema del post di oggi è Il Tema.
Un tempo pensavo di essere una persona profonda, forse lo sono, che mi piace andare in fondo alle cose, grattare sui perché più superficiali e scoprire quelli meno visibili; di fronte a un comportamento inconsueto o a una visione tanto distante dalla mia, mi viene da interrogarmi sulle motivazioni. E diamine se mi piace discuterne e scavare e riportare a galla argomenti perduti.
Allo stesso tempo, però, sono semplice come una zappa. Non me ne vanto, ma neanche me ne vergogno. È che trovo che l’essere umano sia fatto più di panza che di intelletto, e che pure l’intelletto sia primariamente dominato dalla panza. Voglio dire, se uno passa la propria vita a studiare la composizione chimica dell’universo, lo farà perché la cosa gli dà felicità e soddisfazione personale, no? La panza è tendere naturalmente alla felicità, a prescindere dai metodi. La panza è tutto; sotto Darwin e Galileo e Newton ci troviamo comunque la panza.
E dunque non so quanto io possa dirmi profonda, alla fine. Quel che è certo è che mi sto poco a poco allontanando dall’argomento ultimo di cotale puntata di Scribacchiolando. Le ragioni che sottostanno a un testo; la morale, il tema profondo, le istanze archetipiche, il messaggio veicolato dalla storia. C’è chi scrive per raccontare una storia, ed è quello che faccio io; c’è chi scrive perché con la sua storia vuole dire qualcosa di importante.
Il mio non è un discorso che vuole provare a indicare chi abbia o meno ragione, ci mancherebbe. Ognuno scrive per i motivi che lo spingono personalmente, non è mica una gara. Un po’ come la questione dei metodi, ognuno ha il suo.
È che mi è capitato spesso di chiudere un libro proprio perché il tema risaltava così tanto sulla storia da fagocitarla; i personaggi e le azioni finivano per diventare funzioni della morale, burattini senza volontà nelle mani di un fato che comunque è già abbastanza bloccato. Non capita tutte le volte, certo. C’è chi pur avendo a cuore il tema del proprio narrare, riesce a trovare un equilibrio tra quello che vuole dire a livello profondo e l’attenzione alla storia.
Equilibrio.
La mia personalissima posizione, invero, non sente il bisogno di ricorrere una riflessione ponderata sui temi e sui messaggi; credo che ogni storia finisca per veicolare la visione del mondo del narratore, e che questo fornisca automaticamente un messaggio. Che il narratore lo voglia o meno, perché quello che sta mostrando viene effettivamente da una parte profonda, dal centro della creazione delle cose.
E quindi? E quindi, non so.
Per me la narrazione è divertimento, sia dal lato della creazione che da quello della fruizione; non che debba mancare d’impegno, tutt’altro. Ma c’è quel limite che non mi va di valicare, tra le mie storie e “quello che potrei comunicare”. Tanto penso che il mondo che abito risulti chiaro alla prima lettura, come il mondo che mi passa per la testa.