Magellan, di Alan D. Altieri – Umano e inumano3 min read
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Nonostante mi ritenga un divoratore di fantascienza, ammetto di non aver mai sentito nominare questo autore. Il maestro italiano dell’apocalisse, recitano due righe sopra il suo ultimo libro. Nel giro di pochissimo tempo invece ho scoperto chi fosse e cosa avesse scritto, e l’ho scoperto, purtroppo, a causa della sua prematura dipartita. Ho ricevuto il libro di Alan D. Altieri pochi giorni prima della sua morte e spero che queste mie riflessioni sul suo ultimo lavoro possano dare un giusto risalto alla sua opera.
Magellan è il secondo capitolo di una trilogia chiamata Terminal War, edito da TEA (250 pagine, 15 euro). È l’incredibile descrizione del viaggio del Magellan e del suo equipaggio seguita a un’inattesa distorsione del continuum spazio-temporale che fa riprendere i progetti di esplorazione delle stelle conclusa anni prima senza risultati soddisfacenti. Il Vascello Esplorazione Spazio Profondo ha una sola destinazione, la stella Cauda Serpentis; nella sua orbita, l’ignoto che ha il sapore di non-umano.
I personaggi del romanzo sono tutti componenti dell’equipaggio: l’ingegneria umana del Magellan, vengono chiamati così i sei uomini a bordo, coadiuvati dall’intelligenza artificiale Alex II. Ognuno di questi è ben definito, ci si può quasi affezionare, anche se certamente il protagonista è il tormentato Karl Dekker. Il suo ruolo: Hunter/Killer; per capirci, “ho dato la morte a qualsiasi essere cammini o strisci o respiri”, parole sue… Gran parte della narrazione riguarda l’interazione tra loro, attraverso dialoghi fitti e veloci, fino all’incontro/scontro con il nemico. Ho apprezzato molto questa scelta narrativa poiché fa capire bene come l’insieme dell’equipaggio, sebbene abbia diversi moti interni, proceda coralmente verso un’unica direzione: la scoperta. Tuttavia non mancano scene di azione. La narrazione è rapida – Altieri ha scritto anche e soprattutto action-thriller – ma è anche piuttosto sperimentale, quasi futuristica. Ne riporto un esempio:
L’autore, anche traduttore dall’inglese, nonché ingegnere, descrive ogni dettaglio scientifico e tecnologico con un lessico informatico e tecnico adatto. Da appassionato di storia della scienza ho apprezzato le inserzioni divulgative che arricchiscono il romanzo. Sebbene talvolta piuttosto specifiche, le spiegazioni fisiche e astronomiche di alcuni concetti che appaiono nella storia danno un tocco in più a tutta l’organizzazione del testo, senza rischiare di essere troppo didattiche o enciclopediche.
Poi l’importanza dell’incontro con civiltà aliene… Spesso ci siamo ritrovati a leggere di rapporti conflittuali, di invasioni sulla Terra da parte di altre creature, o anche di confronti pacifici. Ma se fossimo noi, gli umani, a doverci spingere verso un mondo lontano dove le regole non sono quelle che ci aspettiamo? “Esistono luoghi nei quali l’uomo non può andare. Esistono anche altri luoghi. Nei quali l’uomo non deve andare. La coda del serpente è uno di questi luoghi”. Qui l’incontro con l’altro come determinazione della propria identità non può essere pacifico. Non c’è intelligenza diversa, o leggi semantiche che possono essere integrate o interpretate. “Quello che abbiamo trovato, nella coda del serpente, è un Nemico“, un Nemico che può essere conosciuto soltanto con un inevitabile scontro bellico.
Altieri è bravissimo a tessere questa trama a senso unico, fino al finale apocalittico. Ma al netto di tutta la violenza e di tutto il sangue versato, l’autore riesce, anche in un contesto apparentemente avulso da tali tematiche, ad inserire una storia d’amore. Blanda, ovviamente, quasi accennata, che esce fuori a fatica, ma non per questo meno rilevante nell’economia di tutto il racconto.
L’ultima pagina del volume annuncia il terzo capitolo della saga: Maelstrom. Non so se questo è già stato portato a termine e se uscirà e in quale forma. Spero di sì, a questo punto, visto che, come dice un utente di Anobii, “il capitolo centrale di Terminal war è una fottutissima bomba” e io non posso che essere d’accordo con lui.