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Le migliori peggiori distopie degli autori di Penne Matte2 min read

16 Maggio 2017 2 min read

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Le migliori peggiori distopie degli autori di Penne Matte2 min read

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Di tanto in tanto in basso a sinistra nella nostra home page appare una selezione di opere che segue uno specifico tag. Fino a qualche giorno fa il tema era la Distopia, ovvero “la descrizione di una immaginaria società o comunità altamente indesiderabile o spaventosa” (Wikipedia). Di qui l’idea di parlarvi dei migliori mondi distopici trasportati dalle menti di autori più o meno emergenti direttamente sulla community di pennematte. Ci tengo a specificare che questi non sono né i migliori in assoluto (ovviamente!), né i migliori che io stesso potrei giudicare sul sito, data la sua vastità. Il criterio di scelta si è basato su:
1) titolo,
2) copertina,
3) editing del pdf (ne ho parlato qui qualche giorno fa), ma soprattutto…
4) un pizzico di casualità randomica che non guasta.
Non hanno influenzato la scelta: i voti, anche se li ho guardati (eccome!) e il numero di visualizzazioni. Ma bando alle ciance, ecco una bella carrellata di futuri terribili che potrebbero essere più vicini di quanto possiate immaginare!

Giuliano Gostinfini – Accettare. Brevissima e brillante fotografia di un futuro in cui le condizioni d’utilizzo delle applicazioni (che a quanto pare gestiscono qualsiasi cosa) richiedono una continua conferma di accettazione da parte dell’utente. Interessante esasperazione di alcuni atteggiamenti informatizzanti negativi della nostra società.
Gabriele Ferretti – Ghost #13. Erroneamente catalogato, secondo me, nella sezione fantasy, questo è un bel racconto plasmato sul tema della realtà virtuale. Un muro che divide i ricchi dagli sfruttati, un programma che permette di evadere mentalmente ed elementi irreali ricorrenti, i Ghost, nocivi per la sanità mentale degli utenti. Ingredienti per spiegare bene come la speranza di un mondo migliore fa più male di tanti altri orrori.
Luca Moretti – Il santuario di Marte. Ambientato in uno scenario mistico-religioso dai toni nipponici, il racconto mette in luce i rapporti continui di un’umanità collegata costantemente ad una rete neuronale. In questa connessione perpetua, un vero e proprio social network integrato, ogni voce “fuori dal coro” viene repressa, cancellata e dimenticata allo scopo di ottenere una fredda, quanto rassicurante, condivisione delle proprie esperienze.
Arianna Fledermaus – Al domani. Vero e proprio inno alla società malata e alla sua ipocrisia talvolta celata dietro il progresso e l’evoluzione di un’umanità, che alla fine di umano ha ben poco. I personaggi del racconto si muovono come intorpiditi in questo mondo (pre- o post-?) apocalittico e controllato dove “la sicurezza è il mostro che ha soffocato ogni altra libertà”.
Jason Violenza – Milano Dark City. Più classico e più pulp è invece questo racconto. Una sorta di far west futuristico, ambientato in una Milano distrutta (architettonicamente e politicamente) dalla guerra atomica, dove i killer a pagamento e gli orchi assassini sono ordinaria amministrazione.

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