Pulphagus®: fango dei cieli – Recensione3 min read
Reading Time: 3 minutesSi potrebbe quasi dire “dal latino pulpa, polpa, ma anche parte magra della carne, + phago, mangione” e quindi mangiatore di carne e altre schifezze, e chissà che non sia proprio questa l’idea alla base del nome dato da Lukha B. Kremo, al secolo Gianluca Cremoni Baroncini, all’asteroide protagonista del suo romanzo Pulphagus®: fango dei cieli, vincitore del Premio Urania 2015 e del Premio Cassiopea 2017. Difatti l’inquietante Erewhon, questo il vero nome dell’asteroide, è un’entità semiorganica in orbita intorno alla terra: una sorta di discarica spaziale che raccoglie e smaltisce i rifiuti del pianeta madre mettendo a dura prova la vita dei suoi abitanti, operai reietti costretti a convivere, con le loro famiglie, con i liquami corrosivi di questo “fango dei cieli”. Ma l’autore non si ferma qui. Ad idee forti è messo bene, e ne lancia un’altra, interessantissima: in questo futuro immaginato alcune parole sono a pagamento, e a seconda del linguaggio utilizzato da ognuno può capirsi la sua estrazione sociale. Sarà il Prontuario delle categorie di tassazione delle parole a stabilire il prezzo.
È in questo mondo corroso chimicamente e linguisticamente che il pulphago Shevek, in un certo senso riscattatosi dalle sue umili origini e ormai cittadino terrestre, si mette alla ricerca di una sua vecchia compagna d’infanzia, Mirea, che non vede da ormai sette anni. L’autore alterna la ricerca nel presente con il passato dei due protagonisti; la loro l’infanzia trascorsa sull’asteroide, nei suoi sobborghi velenosi e nel confronto con personaggi ai confini dell’umano, dando vita ad una trama fitta di rimandi ad un amore che non si è mai potuto realizzare veramente. In questo senso quindi la ricerca disperata di Shevek ha il sapore della nostalgia, delle possibilità mancate e del ricerca del riscatto a tutti i costi. Nonostante la caccia sia stata ordinata dal potente Raskal, emissario della società che gestisce Erewhon, ed il tutto sembri avere uno strano odore di imbroglio, sarà invece l’asteroide stesso a dettare le regole del gioco e a decidere del destino dei due.
Secondo Giuseppe Lippi, curatore della collana Urania, lo scenario mefitico, dominato da enormi bubboni tossici e foreste di peli, sembra modellato sulla cosiddetta Terra dei fuochi, la vasta area campana vittima, da circa vent’anni a questa parte, dell’interramento di rifiuti tossici e dell’innesco di numerosi roghi di rifiuti che impattano notevolmente sulla salute della popolazione locale. “Benché rimossa dai più”, afferma Lippi, “questa discarica chimica con profonde radici sotterranee ci ha insegnato che le modificazioni del paesaggio in senso diabolico sono ormai possibili, purché gli interessi criminali siano abbastanza forti”. Ma in Pulphagus® ad una decadenza ambientale non corrisponde una decadenza morale. Nella criptica citazione iniziale infatti è scritto: “Una carta del mondo che non contiene Pulphagus® non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo Paese al quale l’Umanità approda di continuo. E quando vi getta l’ancora, la vedetta scorge un Paese migliore e l’Umanità fa vela di nuovo”.
Ironico e allo stesso tempo romantico, questo romanzo riesce a catturare immediatamente l’attenzione del lettore e a coinvolgerlo nelle dinamiche personali dei due protagonisti, tra passato e presente. Sicuramente un libro per appassionati del genere distopico-fantascientifico, ma che può essere benissimo apprezzato da un pubblico più vasto proprio grazie al suo stile scorrevole e alle sue idee originali e in un certo senso critiche di alcune situazioni ecologiche della nostra contemporaneità.