L’eroe di un romanzo: comfort zone e conflict zone3 min read
Reading Time: 3 minutesCom’è fatto l’eroe di un romanzo?
Quali caratteristiche deve avere rispetto agli altri personaggi?
Cominciamo col dire che i romanzi vivono di conflitti e l’eroe è colui che si trova al centro di un conflitto e, per certi versi lo incarna. Insomma, un autore deve mettere in conto che, per quanto bene possa volere al suo personaggio principale, dovrà cacciarlo nei guai.
Il conflitto può avvenire per un’impresa che l’eroe, suo malgrado, ha accettato di intraprendere e destabilizzerà la sua quotidianità (Il signore degli anelli) o perché egli ha subito una serie di eventi che lo hanno forzato ad agire. Non sempre l’eroe è mosso da nobili premesse. Tipica è la situazione dell’eroe che accetta di aiutare qualcuno per puro tornaconto personale, ma nel corso dell’azione la sua scala di valori cambia e decide di lottare perché abbraccia una nobile causa. Al cinema, in Star Wars, è questo il caso di Ian Solo.
Ci sono poi desideri consci e inconsci che portano l’eroe ad affrontare delle prove. In Amleto, il desiderio conscio che il protagonista decodifica con facilità, è la vendetta del padre, ucciso dallo zio. Ma nel corso della vicenda, Amleto fatica sempre più a trovare un movente nel proprio agire. È sempre più in crisi con se stesso, indeciso, nonostante le premesse lo spingano e giustifichino nella sua sete di vendetta. Tutto il suo operato continua a inciampare in dubbi sui vari aspetti dell’esistenza. Sta anche qui la grandezza di un romanzo o, più in generale, di un’opera: partire da un desiderio conscio e scontato del protagonista ed evolvere, creando in lui – e nel lettore – altre esigenze.
Un romanzo, comincia con una rottura della comfort zone. Una zona interiore o geografica, in cui il protagonista si sente sicuro e che è costretto ad abbandonare per un motivo o per l’altro scoprendo nuove condizioni dell’essere ed entrando in quella che possiamo definire la conflict zone.
Ne Il giovane Holden la comfort zone è, in un certo senso, già persa con l’inizio del libro: l’infanzia, a cui il protagonista, un sedicenne espulso da scuola, vorrebbe ritornare, confuso e frustrato dal mondo degli adulti con cui non riesce a identificarsi.
Nel Don Chisciotte, la comfort zone è una condizione quasi patologica del personaggio perché determina automaticamente la conflict zone. Il cavaliere della Mancia sogna e crede di vivere in un mondo regolato da nobili valori, dove ogni azione ha la capacità di elevarsi a gesto degno di essere messo in versi. Purtroppo è la realtà stessa a sbattergli in faccia continuamente la sua bassezza e la sua prosaicità.
C’è sempre un evento scatenante che allontana il protagonista dalla comfort zone – nei Promessi Posi il rapimento di Lucia organizzato da Don Rodrigo – e lo spinge ad agire.
Un romanzo è riuscito quando si è creata una perfetta immedesimazione tra lettore e protagonista e il lettore giustifica pienamente gli errori o le imprese del protagonista.
Se un lettore trova poco verosimile un’azione o una decisione presa dal protagonista, vuol dire che il romanzo ha mancato qualcosa: forse gli eventi non erano gravi a tal punto da motivare la rottura della situazione iniziale.
Ci vuole una guerra di Troia, per cantare un ritorno a Itaca pieno di pericoli.