L’accento1 min read
Reading Time: < 1 minuteL’accento può essere grave o acuto.
Le vocali a, i, o, u si scrivono sempre con l’accento grave (à, ì, ò, ù) mentre la vocale e può essere chiusa (accento acuto: é) o aperta (accento grave: è).
In generale, hanno l’accento acuto la parola né, i composti di che (perché, affinché), di tre (ventitré), di re (viceré) e di me (ahimè, nontiscordardimè). Anche le parole di origine straniera come tè, caffè, gilè hanno l’accento grave, più alcune forme tronche di uso antico (piè). Infine, porta l’accento grave la forma verbale è e il suo composto cioè.

L’ortografia italiana richiede l’accento grafico solo per le parole tronche, quelle, cioè, che hanno l’accento sulla vocale finale.
In generale, l’accento consiste nell’aumento di intensità con cui viene pronunciata una sillaba e che conferisce intonazione alla parola. Quindi, le parole si differenziano a seconda della sillaba su cui cade l’accento, in:
Tronche (o ossitone), con accento sull’ultima
liquidità, così, interpretò
Piane (o parossitone), con l’accento sulla penultima
caténa, farfallìna, piàno
Sdrucciole (o proparossitone), con l’accento sulla terzultima
fabbricàrono, èpico, invisìbile
Più rare le parole bisdrucciole, con l’accento sulla quartultima
assottìgliameli, ricòrdatela
E le trisdrucciole, con accento sulla quintultima
telèfonaglielo, òccupatene
fonti dell’articolo:
Treccani > accento
Piccolo manuale di editing a cura di Ferdinando Scala e Donata Schiannini, Modern Publishing Hiuse Editore