Westworld è bello o solo tecnicamente ineccepibile?4 min read
Reading Time: 3 minutesarticolo di Eleonora Caruso per Wired.it
Lo confesso, Westworld non mi sta dicendo niente.
Lo dico consapevole del suo valore e dell’evidente sforzo produttivo che lo sorregge: se smettessi di guardarlo adesso non mi rimarrebbe nessuna curiosità, e tra poche settimane lo scorderei del tutto.
È complicato (nell’ordine in cui è “complicato” parlare di frivolezze come le serie tv) esprimere riserve su un fenomeno che sta raccogliendo molti consensi ed è considerato, in generale, uno dei migliori prodotti della stagione, per questo ho continuato a guardarlo sperando che i miei dubbi cadessero e la trama esplodesse in tutto il suo potenziale, altrimenti mi sarei fermata già al “chi se ne frega” suscitatomi dal quarto episodio. Ho tenuto duro anche perché, diciamolo, esistono tipi ben peggiori di torture televisive, e di fatto Westworld è quanto di più lontano ci sia dal brutto. Anzi, si tratta ovviamente di un’ottima serie. Il cast è ricco, la sceneggiatura è buona, ci sono numerosissimi spunti e soprattutto c’è la ricostruzione scenica maestosa, che lascia onestamente senza fiato. Quello che manca, però, è qualcosa che per me è fondamentale: il coinvolgimento emotivo. Posso riassumerlo così: Westworld non mi emoziona.
Ci sono due ragioni, credo, per cui questo non succede, e una sono i personaggi. Sono indifferente a ciascuno di loro. Siamo a sei episodi su dieci, a questo punto dovrei essermi affezionata a qualcuno, no? Voglio dire, in Game of Thrones a questo punto avevo una storyline che mi incuriosiva più delle altre, personaggi che amavo o non sopportavo, un casato a cui proclamare orgogliosa il mio supporto su Facebook, probabilmente usando il suo stendardo come avatar. A più di metà della serie, Westworld è riuscito a farmi avere, nell’ultimo episodio, una breve connessione con Maeve. Fine. Da qui al finale ci saranno certamente numerosi colpi di scena, ma credo che a questo punto sarà molto difficile riuscire a ricucire questa mancanza di partecipazione da parte mia, che mi sembra almeno in parte condivisa: non vedo parlare di Westworld quanto mi sarei aspettata. Non sulle riviste, dove è onnipresente, ma dalle persone. Eppure, sta già andando in onda in italiano su Sky.
Dei protagonisti, dicevo, non ce n’è uno del quale davvero mi importi. La recitazione fredda di Evan Rachel Wood – che è sempre, naturalmente, bellissima – non mi permette di avvicinarmi a Dolores, ma in questo caso lo capisco, si tratta di un androide. Il problema è che la stessa cosa si verifica anche con tutti gli umani, nessuno escluso, nemmeno Anthony Hopkins la cui recitazione come sempre eccelsa non riesce però a dare vita sufficiente a quelle che fino adesso sono state poco più che uscite pensose di facile comprensione, perfette per essere citate sui poster promozionali, ma raramente colorate da guizzi di vero genio.
Qui entra il secondo problema, che forse alla lunga si rivelerà più problematico: Westworld cerca disperatamente di sembrare intelligente. Ci prova tantissimo, come uno studente diligente del liceo che si è fatto il mazzo per studiare filosofia e va oltre alle cinque righe di risposta determinate dal compito per far vedere quanto si è impegnato, ma non ha capito la reale natura del pensiero, non saprebbe utilizzarlo né connetterlo agli altri diversi.
Il fallimento di Westworld, se così vogliamo chiamarlo, è quello di non aver trovato l’equilibrio che lo rendesse ugualmente interessante ai vari tipi di pubblico, e il risultato è che per essere il più possibile accessibile a tutti scivola nel didascalico, non sorprende mai veramente, ripete ossessivamente gli stessi concetti ancora e ancora, cosicché una fascia di pubblico si ritrova a pensare: “Gli androidi sono così simili agli esseri umani che il confine tra tecnologia e natura si è fatto impercettibile, ho capito, basta!”. Cosa fa di un essere umano un essere umano? Si può replicare una coscienza? soltanto perché può farlo, si sostituisca a Dio? È lecito che l’uomo si sostituisca a Dio? Non serve essere accaniti lettori di Philip K. Dick (chi lo è passerà il tempo sbadigliando, immagino), basta Ghost in the Shell o Blade Runner per aver visto affrontare (con più grazia narrativa) gli stessi quesiti.
Ora che anche la carta dell’orgia è stata giocata (siamo stati rassicurati di essere ancora sulla Hbo) e ci hanno messo una istanza femminista facile facile a prova di gifset su Tumblr (“Ho immaginato una storia dove non ero la damigella in pericolo”), cos’ha ancora da offrire Westworld? Molto, potenzialmente, e spero continui ad offrirlo, perché se questo è il tipo di prodotto che non guarderò, ci metto comunque la firma. Ma un po’ di insicurezza in meno non potrebbe che giovargli.
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License.