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Storie della tua vita di Ted Chiang – recensione3 min read

14 Novembre 2016 3 min read

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Storie della tua vita di Ted Chiang – recensione3 min read

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Ted Chiang è un autore di fantascienza molto quotato. Americano, classe 1967, laureato in informatica, scrittore tecnico per l’industria software prima che per la letteratura, è autore di un romanzo breve e una quindicina di racconti. Questo esiguo corpo letterario gli è valso lo stesso un gran numero di riconoscimenti, come il premio il Nebula e lo Hugo tanto per citare i maggiori. Da segnalare la candidatura al Premio Hugo del 2003 rifiutata dallo stesso Chiang perché reputava il racconto a cui era stata abbinata, Il piacere di ciò che vedi: un documentario, non all’altezza degli standard qualitativi del premio. Tra i suoi racconti sulla cui qualità, invece, nessuno può discutere, Storia della tua vita (da cui è stato tratto il film Arrival), Settantadue lettere e L’inferno è l’assenza di Dio, che compaiono tra gli otto della raccolta Storie della tua vita che Frassinelli metterà sugli scaffali delle librerie a partire dal 29 novembre 2016.

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L’impressione è che Chiang sia uno scrittore particolare, difficilmente paragonabile a quelli odierni di genere fantastico e fantascientifico, tutti tesi a costruire saghe distopiche con la speranza di vederle riproposte in tv o al cinema.

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Tutti i racconti sono autoconclusivi, distaccati l’uno rispetto all’altro e molto coerenti. Tutti i racconti sono scritti con uno stile oggettivo, analitico e in effetti è questo che sembra Chiang faccia, analizza la realtà, qualunque essa sia. Ne è un osservatore neutrale che difficilmente si lascia coinvolgere dalla vicenda narrata. Ogni racconto è come un mondo a sé, o meglio, una prospettiva di guardare il mondo. In Torre di Babilonia seguiamo l’ascesa di un gruppo di operai verso la torre impossibile per renderla ancora più alta; in Storia della tua vita assistiamo alla lenta comprensione da parte di una scienziata umana del linguaggio di alcuni extraterrestri, una comprensione che porterà la sua coscienza a uno stadio superiore; Capire parla delle infinite potenzialità del nostro cervello e dell’inevitabile prezzo nel maneggiarle.

Alla fine questi racconti trattano materie non troppo dissimili da molta fantascienza, ma di nuovo è l’occhio scientifico dell’autore a fare la differenza. È come se leggendoli ci smarcassimo da una quantità di premesse con cui siamo soliti interpretare la vita e dunque anche le storie fittizie, che siano romanzi, film o serie tv e che sono un po’ le stesse premesse di cui si deve liberare la scienza per raggiungere, per gradi, verità oggettive. Siamo abituati a ragionare nei canonici termini di bene e male o amore e odio; oppure di formazione, l’eroe che passa attraverso una serie di esperienze per arrivare a una nuova coscienza di sé; ma qui, ancora una volta, più che formazione il termine esatto è comprensione.

Si sente eccome, in questi racconti che brillano per coerenza e originalità, la cultura informatica dell’autore. Siamo lontani dalle suggestioni di un Philip K Dick o dagli imperi galattici di un Asimov. Siamo in una fantascienza tecnica, in cui la realtà viene smontata, analizzata nelle sue singole parti per poi essere ricomposta e compresa. Potremmo azzardare un paragone con Borges per il modo in cui Chiang sovverte l’ordine naturale delle cose con una logica di cui riesce sempre a persuadere magicamente il lettore.
Il mondo e la vita vanno capiti, sospendendo per un attimo l’emotività, concentrandoci come si fa per un gioco enigmistico, cercando di risolvere il grande mistero.
Con la premessa che la verità svelata, potrebbe lasciarci più inquieti e incerti di prima.

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