Blade Runner, il noir travestito da fantascienza1 min read
Reading Time: 2 minutesBlade Runner è una delle pietre miliari del cinema di fantascienza, forse del cinema tout court. L’opera visiva di Ridley Scott, ispirata al romanzo di Philip K Dick Ma gli androidi sognano pecore elettriche? non è mai passata di moda. Il futuro che essa inscenò nel 1982 è ancora credibile, suggestivo, conturbante, nonostante le sue auto volanti, i suoi droidi troppo perfetti per essere veri. Come mai? Semplice, Scott ebbe l’idea di mettere davanti agli occhi dello spettatore un futuro già vecchio, pieno di polvere, frustato da una pioggia che sfoca le sue luci, lo rende meno scintillante. Scott ha conferito al film un’atmosfera stanca, un nichilismo che ne risalta la tematica esistenziale, anteponendola alle trovate tecnologiche connaturate a ogni film di fantascienza.
Certo, bisognerebbe chiedersi fino a che punto Blade Runner sia fantascienza e quando invece cominci a essere qualcos’altro. Nel film troviamo tutti i temi ricorrenti del noir: il detective stanco del suo lavoro, con il bicchiere in mano (Rick Deckard), la pupa da salvare (Rachel), la femme fatale avvolta dalla nuvola di fumo della sua sigaretta (ancora Rachel), il ricco uomo d’affari che viene coinvolto nell’indagine (Eldon Tyrell); i metodi stessi dell’indagine, condotta nei bar, per le strade di una grande metropoli, richiamano il mondo del noir. C’è poi quella specie di polvere che impregna continuamente la pellicola, soprattutto negli interni, nella casa di Deckard, quella stanchezza esistenzialista di cui parlavamo prima che richiama l’universo conturbante e pericoloso del noir.
A prescindere dal genere di appartenenza, Blade Runner rimane un film che ha cambiato il modo di pensare il cinema e il futuro.
Prova ne sono i tanti artwork ad esso dedicati, come quelli che potete cliccare in questa gallery.