L’uomo del fuoco di Joe Hill – recensione4 min read
Reading Time: 3 minutesJoe Hill, in realtà, si chiama Joseph Hillstrom King e, sì, trattasi del figlio del re dell’horror Stephen King. Questa è una precisazione tanto ininfluente quanto obbligata. È ininfluente in quanto ogni storia prescinde chi la scrive e tutto ciò che le è alle spalle, se è scritta bene. Penso che i buoni libri siano come esseri umani adulti, cioè individui autonomi che camminano sulle proprie gambe. Conta ciò che raccontano nel momento in cui noi li leggiamo e non le motivazioni che si celano dietro le loro pagine. Joe Hill potrebbe aver scritto questo romanzo per nodi edipici che non riesce a sciogliere oppure perché è sceso l’arcangelo Gabriele e gli ha detto di farlo che a noi non frega niente. Il libro esiste, si trova in libreria, edito da Sperling & Kupfer al prezzo di 14,90 euro (9,99 versione ebook) col titolo The Fireman – L’uomo del fuoco, e a noi questo interessa. Ma la precisazione è anche obbligata perché… beh dai, se sei il figlio del Re, la cosa non può essere taciuta, tanto più se hai una faccia per cui tutti penserebbero che sei il figlio di King anche se vendessi pentole alla tv.

Ok, ora parliamo del romanzo.
In Italia è in due parti. Questo, uscito a settembre è il primo capitolo, il secondo, conclusivo, sarà in libreria a novembre col titolo L’isola della salvezza. La storia, per certi versi, richiama la distopia descritta da Ray Bradbury in Farhenheit 451 ma al contrario. Siamo in un futuro molto vicino, tanto che, en passant, sono citati personaggi come Obama e George Clooney, giusto per suggerire indicazioni temporali. Il mondo è colpito da una pandemia, la Trichophyton draco incendiarius meglio conosciuta come Scaglia di drago. Si tratta di una malattia virale senza cura e trasmessa con il semplice contatto della pelle. I sintomi sono delle macchie nere e spruzzate d’oro che striano la pelle simili a tatuaggi e il decorso porta all’autocombustione: chi la contrae, un bel giorno, diventa una torcia umana. Ma è tutto il mondo che sembra andare a fuoco ed essersi trasformato in un luogo caldo, un enorme braciere su cui l’umanità incenerisce, giorno dopo giorno.

In un simile scenario, l’autore ci fa conoscere Harper Grayson, una ex infermiera richiamata in servizio, visto lo stato di emergenza, donna coraggiosa, gentile, sposata a Jakob, aspirante scrittore che lavora da sei anni a un romanzo la cui lettura ha tassativamente vietato alla sua signora. Jakob e Harper hanno stretto un patto: il giorno che scoprissero di essere contagiati, si uccideranno prima di diventare un fuoco d’artificio vivente. Il primo terzo del romanzo si consuma nella descrizione dei rapporti tra Harper e Jakob, nella loro trasformazione con l’evolversi della vicenda. E diciamo, qui Hill dimostra di essere un bravo scrittore. La sua prosa è limpida e scorrevole, i dialoghi sono ben ritmati e senza sprofondare in lunghi psicologismi riesce a delineare i personaggi mirabilmente. Piccolo spoiler: c’è un momento in cui Harper decide di leggere il manoscritto del marito e la descrizione della percezione che lei ha di lui prima di leggerlo e dopo averlo letto, è veramente portata avanti con maestria. Se il romanzo si fosse limitato ad analizzare il matrimonio di questi due personaggi, mi sarebbe piaciuto ugualmente, ma essendo una distopia, l’autore ha dovuto allargare il raggio d’azione, descriverci meglio la società e le sue reazioni dinanzi alla pandemia.
Così veniamo a sapere che il mondo sta sprofondando nel caos e nella violenza. Sono sorte Squadre di Cremazione che danno la caccia agli infetti per incenerirli prima che possano espandere l’infezione, ma c’è anche un gruppo di persone che, misteriosamente, è riuscita a controllare la Scaglia di Drago, trasformandola in una risorsa. Non voglio rivelarvi altro. Questo libro merita di essere letto.
Molti, nelle opere passate, hanno rilevato delle similitudini tra Joe Hill e suo padre. Entrambi sono autori di genere. Anche Joe Hill si è confrontato con l’horror. Ma a differenza di King, almeno in questo libro, la sua storia mi sembra più lirica, pur mantenendo la tensione alta, non rinuncia a dare speranza al lettore e ai suoi personaggi.
In ogni caso, siamo davanti a una distopia cucinata, è proprio il caso di dirlo, al fuoco lento di una scrittura che non annoia mai. Da leggere col rischio di scottarsi.