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Parla Emanuela Valentini, autrice sci-fi e giurata al concorso #noiumani5 min read

6 Settembre 2016 5 min read

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Parla Emanuela Valentini, autrice sci-fi e giurata al concorso #noiumani5 min read

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Noi Umani
Emanuela Valentini è in giuria per il concorso di fantascienza #noiumani e, diciamolo, Penne Matte non poteva ambire a una giurata migliore. Emanuela è un’autrice giovane e in grado di ibridare i vari generi, dando corpo a storie originali e sfaccettate con cui ha ottenuto riconoscimenti in numerosi concorsi letterari come il Torneo Letterario IoScrittore per Ophelia e le officine del tempo, 2013, il Contest Chrysalide Mondadori per Dantalian, lo scontro degli archetipi, 2013, il Premio Robot per Diesel Arcadia, 2016. Con il romanzo Mei è arrivata in finale al Premio Urania 2016. Romana, è appassionata di steampunk.
È venuto il momento di intervistarla.

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Ciao, Emanuela. Grazie, prima di tutto di partecipare, in veste di giurata, al concorso #noiumani. Partiamo da una domanda “scomoda”: sei stata in finale al premio Urania con Mei, in passato la fantascienza è stato un genere maschile (se non maschilista) oggi come ci si sente a esplorarlo da donna?
Dici bene. Secondo quella che è la mia esperienza posso dire che oggi come ieri per una donna farsi strada nell’universo sci-fi è difficile. Alcuni ambienti fanno muro, le mentalità restano chiuse di fronte alla proposta “rosa”. Ho detto difficile però, non impossibile; in diversi ambiti le fantascientiste sono accolte al pari degli autori uomini. Parlo per esperienza personale di editori come Delos e Kipple perché entrambi hanno pubblicato volentieri mie opere, e Future Fiction e Zona42 perché conosco i cataloghi.  Ma torniamo a noi: la mia prima volta al Premio Urania è stata un’esperienza per certi versi esaltante. Un sacco di gente tifava per me, mi sosteneva in privato e in pubblico. Leonardo Patrignani aveva creato persino un hashtag di cui vado ancora fierissima: #manurania; e quindi c’è tutto un fermento, gli amici scommettono, fanno pronostici, tanto che poi se, come è successo a me, finisci in finale, cominci a credere di poter vincere davvero e che presto potrai vedere il tuo nome su un albo Urania…

Il rovescio della medaglia?
Per contro, a guastare l’atmosfera, quest’anno si è scatenata una tristissima caccia alle streghe a opera dei troll. Alcuni, nelle loro polemiche, mi davano del cavallo vincente come se la cosa fosse stata stabilita da tempo, mettendo in dubbio la correttezza della giuria e del Premio stesso; altri, più patetici e innocui, sostenevano che con la mia avvenenza io avessi gettato un incantesimo sulla fantascienza italiana e che per questo motivo vincevo premi a gogo (quest’anno ho vinto il prestigioso Premio Robot, vinto da una donna nella sua primissima edizione, nel 1976).
Ricette contro i pregiudizi?
Io continuo a scrivere felicemente fantascienza e tiro dritto per la mia strada perché sento che è possibile fare di più e farlo meglio. A ottobre sono stata invitata a partecipare a un panel sulla fantascienza al femminile in occasione di Stranimondi, a Milano, insieme a Tricia Sullivan e altre autrici spaziali. Come non esserne felice?

I tuoi romanzi sono pieni di spunti e di ambientazioni interessanti. Quando cominci una storia, ha più importanza un’idea o lo stile?
Entrambi. Se non ho un’idea che mi folgori per prima non inizio nemmeno. Dopo l’idea c’è la fase di approfondimento, come arredare una stanza o preparare un palcoscenico prima di uno spettacolo. In genere cerco di essere coerente e non arredo in stile minimal una baita di montagna ☺ o forse sì, ma con attenzione maniacale ai particolari.

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Con Red Psychedelia sei partita da una delle favole più famose del mondo, cappuccetto rosso, per delineare un futuro distopico. Pensi che di base sia già stato raccontato tutto e oggi si deve soprattutto aggiornare?
Sì, credo che sia stato raccontato tutto e che la vera bravura oggi sia reinterpretare; fare proprie le macro strutture già esistenti e raccontarle con la propria voce, attraverso la personale esperienza di vita. Solo in questo modo sembreranno nuove di zecca.

Ora ti nominerò quattro topic della fantascienza: scegli d’istinto quello che ti intriga di più e spiegami perché: alieni, viaggi nel tempo, robot, apocalisse.
D’istinto risponderei gli ultimi tre: gli alieni non mi intrigano. Ma visto che devo sceglierne uno solo dico ROBOT per via dell’ultimissima scimmia che ho aggrappata al collo: intelligenze artificiali, tecnologie impazzite, il fascino della macchina: schema rigido, settato, perfetto forse, in contrapposizione con quello biologico, morbido, plasmabile… e fallibile.

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Nel romanzo Ophelia e le officine del tempo ti sei confrontata con il genere steampunk, perché ti affascina?
Dello steampunk amo il carattere sognante, i merletti, il mistero, le armi anacronistiche, le scoperte scientifiche che sconfinano nell’alchimia più oscura, insomma: le contraddizioni. Il fatto che si possano mescolare storia e fantasia per creare della fantascienza retrò mi esalta. In Ophelia, come nei vari racconti fantastorici che ho scritto negli anni (Mersey l’angelo a vapore, Anaesthesia, Cronache di un mercante di stelle, Le fate di Nohram Manor, Diesel Arcadia e altri) mi sono dilettata a inserire non tanto lo scontro tra bene e male quanto i differenti punti di vista tra etica e scienza, come insegna la migliore tradizione dal Frankenstein di Mary Shelley a Jekyll e Hyde di Stevenson fino ai meravigliosi androidi sensibili in Blade Runner. Dello steampunk mi affascina anche il linguaggio che finalmente può essere aulico, barocco, ricercato, alla faccia della narrativa mainstream che oggi ci vuole tutti americani.

Se dovessi trovare un tratto distintivo della fantascienza di questi anni rispetto al passato, quale sarebbe?
Non saprei… credo che, come tutti i grandi movimenti, il fenomeno non sia giudicabile mentre accade. Avremo una visione più chiara tra qualche anno quando raccoglieremo, spero, i frutti della nuova evoluzione che avremo contribuito ad avviare.

Ok, ora diamo un aiuto ai nostri partecipanti al concorso: dimmi la ricetta di un riuscito racconto di fantascienza.
1 idea di base fresca, meglio se di stagione e del vostro orticello.
500 grammi di chiarezza: decidere prima di iniziare quale sottogenere utilizzare per il proprio racconto, in maniera tale da non fare pasticci.
100 grammi di amore: le storie per funzionare devono sentirsi amate, volute, cercate. Non scrivete tanto per farlo perché non funzionerà.
1 scorza di follia grattugiata.
2 personaggi almeno, caratterizzati alla perfezione.
200 grammi di ambientazione curata: il lettore deve poter vedere quello che desiderate mostrargli; se ci riuscite s’innamorerà.
1 trama semplice ma ben congegnata.
250 grami di action.
Mescolate tutto con cura. Cuocete a fuoco lento. Divertitevi. Fate divertire.

Progetti futuri.
Sì! Questo autunno esce per Delos il mio romanzo finalista al Premio Urania: la cosa mi emoziona moltissimo. Ho inoltre in cantiere una sorpresa per quanti hanno amato Diesel Arcadia (Robot n.77) e forse forse l’intenzione di riprovarci con l’Urania Prize! Vedremo.

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