Il thriller è il genere letterario della nostra epoca?3 min read
Reading Time: 3 minutesarticolo di Paolo Armelli per Wired.it
Se è vero che, come ritengono alcuni critici partendo dalla definizione molto estesa di “opera narrativa caratterizzata da suspense, azione e un certo grado di violenza”, l’Odissea fu uno dei primi esempi di thriller della nostra storia, allora significa che questo genere è intrinseco alla nostra evoluzione letteraria fin dagli albori. Eppure oggi ci sono molti motivi per ritenere che questo stesso genere dica della nostra epoca più di molti altri.
Appunto la storia dei racconti di suspence e tensione risale tutta l’evoluzione della letteratura mondiale: Le mille e una nozze contengono già delle detective story, alcune fiabe alla fratelli Grimm mescolano elementi horror con trame di ricerca, vendetta e sangue, un capolavoro modernista come Cuore di tenebra di Conrad è un thriller in purezza. E così via fino a titoli e autori che hanno modellato un genere come lo conosciamo, da Richard Condon a Ken Follett e Stephen King.
È anche evidente che oggi ci sia un proliferare di titoli thriller e che questo stia diventando un mega-genere che ne ingloba sempre più molti altri, fondendosi con la fantascienza, l’erotismo, il romanzo psicologico e così via.
Le classifiche di questi anni, dalla trilogia di Stieg Larsson al clamoroso successo de La ragazza del treno di Paula Hawkins, sono la dimostrazione che i lettori sono avidi di storie che in qualche modo li inquietino, li facciano uscire dalla comfort zone di tranquillità borghesi e personaggi edificanti.
Non a casa protagonisti dei thriller più interessanti di oggi sono persone molto disturbate, sempre al confine fra eroe e antieroe. Uno dei più riusciti è sicuramente l’appena pubblicato La strada delle ombre (Editrice Nord) del basco Mikel Santiago: uno scrittore in crisi di creatività e ossessionato da un’insonnia persistente (e dai relativi sonniferi) si addentra, a causa di un amico rocker altrettanto svalvolato, in un mistero molto più grande di lui; fra rehab violenti e complotti internazionali, dovrà dimostrare che la paranoia è più vera della realtà.
La perdita di fiducia, la visione di una violenza generalizzata e onnipresente, l’inquietudine persistente e la sensazione che non ci sia mai veramente giustizia: quelli che sembrano i temi delle campagne elettorali più becere e populiste (andando a puntare, appunto, sulle nostre paure più intime e delicate), vengono sublimate in racconti che ci mettono di fronte senza remore alla violenza e alla mancanza di punti di riferimento. L’indagine diviene una rinnovata catarsi, che si consuma nella lettura avida pagina dopo pagina.
Ovvio sopravvivono anche thriller più tradizionali, in cui però i protagonisti spesso sovraumani vengono braccati dalle loro stesse fragilità. In Orphan X di Gregg Hurwitz (edito da Book Me) una super-spia invincibile diventa a sua volta preda per sfuggire a un programma segreto pensato per creare killer spietati e senza coscienza. Anche qui la paura del condizionamento e l’ossessione per la società del controllo trovano nella letteratura di genere un’applicazione di pregnante attualità.
L’elenco potrebbe continuare, citando ad esempio il recente Non guardare nell’abisso (Piemme) di Massimo Polidoro, che costruisce un’indagine sui morbosi rapporti fra politica, terrorismo e fantasmi mai pacificati della nostra storia. In definitiva il thriller, considerato per molto tempo una letteratura di genere di serie B, dimostra oggi di parlare sempre più al cervello che non alla pancia. Come se questi nostri tempi inquieti abbiano bisogno di un’elaborazione, di un riscatto e una redenzione che sono – per fortuna – prettamente letterari.
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