Ma i computer scrivono bei romanzi?3 min read
Reading Time: 2 minutesdi Paolo Armelli per Wired.it
L’automazione nel corso della Storia ha sostituito parecchie professioni: dalla catena di montaggio alla robotica, sono molti i casi in cui le macchine hanno preso il posto delle persone. E ora, pare, tocchi all’intelligenza artificiale: le sue applicazioni sembrano poter andare oltre la sfera dei lavori manuali e concentrarsi anche su quelli più creativi, come ad esempio la scrittura.
Una delle applicazioni in cui, in questi anni, sono stati condotti esperimenti più consistenti è stata la scrittura giornalistica, in particolare quella che comprende pattern ricorrenti come i report sportivi, gli andamenti della borsa o perfino i “coccodrilli” delle star. Una realtà come l’americana Narrative Science utilizza la sua intelligenza artigianale Quill tramite un metodo di advanced natural language generation, per creare stringhe narrative coerenti e apparentemente “naturali” a partire da una serie di dati preimpostati e rilevanti (i risultati di un match, chi ha segnato i gol eccetera).
Ma il rapporto fra A.I. e scrittura creativa, seppur automatica, si sta legando in modo sempre più forte anche alla letteratura: aziende come Facebook e Google stanno caricando sulle proprie reti neurali (modelli matematici composti di “neuroni” artificiali) una grande quantità di libri, scegliendo rispettivamente storie dell’infanzia e romanzi erotici non pubblicati. Questo aiuta l’intelligenza artificiale a “imparare” stringhe ricorrenti di linguaggio e a generarle poi in automatico: quella di Google, ad esempio, è riuscita a produrre anche una suggestiva poesia d’amore.
Da qui a scrivere romanzi interi il passo è breve? Sembra ancora di no, ci vorrà tempo affinché le macchine riescano a mettere insieme un prodotto narrativo esteso e coerente. Ma i progressi sono costanti e innegabili: nel marzo 2016 un romanzo breve scritto da un programma di AI e dal suo assistente umano, intitolato The Day a Computer Writes a Novel, ha passato la prima selezione di un premio letterario giapponese. Lo Hoshi Shinichi Literary Award, infatti, è famoso per accettare scritti sia da esseri umani sia da bot (dei 1.450 romanzi ricevuti dal premio quest’anno, 11 erano scritti da intelligenze artificiali).
Certo, quel romanzo era scritto dalla macchina coadiuvata (e, praticamente, guidata) dal suo programmatore in carne ed ossa. L’impulso umano è ancora essenziale, come ad esempio nell’idea realizzata pochi giorni fa dal regista Oscar Sharp e dallo scienziato Ross Goodwin: i due hanno caricato in una rete neurale dalla memoria a lungo termine una grande quantità di sceneggiature di fantascienza (da Blade Runner ad Avengers) e le hanno chiesto di creare una sceneggiatura a partire dagli elementi tipologici più ricorrenti. Il risultato è il corto Sunspring, girato in 48 ore proprio sulla base della sceneggiatura creata artificialmente e definito dal Guardian “una storia stranamente avvincente, una storia sci-fi d’amore e disperazione commovente in modo bizzarro“.
Le sceneggiature di partenza, ancora una volta, erano frutto del lavoro umano. Così come la supervisione umana è necessaria per inviare l’input e controllarne l’output. E ancora umano è lo sforzo continuo e costante per migliorare le intelligenze artificiali. Gli androidi di Philip K. Dick sognavano pecore elettroniche, e magari in futuro scriveranno ebook: di certo ci sarà sempre lì un umano a leggere ed eventualmente a correggere gli errori.