L’importanza del mentore nei romanzi fantasy3 min read
Reading Time: 3 minutesIl mentore è una figura fondamentale in un romanzo di genere fantasy (e non solo fantasy), difatti:
* Attua un passaggio di consegna: il potere viene ceduto da lui al giovane predestinato.
* Segna la consapevolezza dell’eroe ovvero ne forgia il destino.
* È l’esperienza che accompagna la forza e la motivazione. Ogni romanzo è fatto di quote, e una quota necessaria, in uno di genere fantasy, è il sapere che bilancia quella dell’azione: l’eroe è l’azione che non può sussistere senza la conoscenza di un mentore che lo guidi.
* Esprime il senso del passato, è la sua stessa figura che lo evoca, circondando l’azione presente (e descritta sulla pagina) con l’aura del mito (ove non descritta, lo stesso percepita dal lettore), avvalorandola con la consapevolezza di gesta appartenute alla Storia di cui il presente è la diretta conseguenza.
* Non sbaglia. Mentre l’errore è fondamentale nell’evoluzione dell’eroe (sul tema dell’errore abbiamo già scritto) ed è la miccia che innesca l’azione e dà senso alla vicenda (il cui presupposto può essere la mera riparazione di quel singolo errore), il mentore è infallibile per il semplice motivo che non agisce. Ciò non significa che non possa commettere qualche errore, ma si tratta più che altro di tic caratteriali. In ogni caso egli consiglia per il bene.
* Non necessariamente insegna all’eroe l’arte in cui questi diverrà potente. Detto in altri termini, il mentore di un guerriero non deve essere stato per forza un guerriero a sua volta. Magari il mentore insegnerà a un giovane combattente l’umanità, la pietà per il nemico, tutte qualità che completeranno il suo essere guerriero.
* Un singolo eroe può avere differenti mentori, ciascuno più esperto di lui, in un particolare settore, tutti assieme indispensabili a completarlo. Penso alle Cronache del Mondo Emerso di Licia Troisi. Il primo mentore è il padre di Nihal che le forgia la spada, il secondo, e certamente più importante, è lo gnomo Ido che indottrina la protagonista all’arte del combattimento.
Christopher Vogler, celebre sceneggiatore per la Disney, autore di un saggio molto apprezzato da molti studenti di scrittura creativa negli Usa spiega nel suo The Writer’s Journey: Mythic Structure For Writers:
“I mentori forniscono agli eroi motivazione, ispirazione e una guida per il loro viaggio, e anche doni. Ogni eroe è aiutato da un potere e una storia che non descriva come tale potere viene acquisito è incompleta. Che sia rappresentato da un personaggio reale o un codice interiore di comportamento, l’archetipo del mentore è uno strumento potente al servizio dello scrittore.”
Di solito, quando elabori la figura di un mentore, dovresti tenere presente queste regole:
Rendilo criptico ma non troppo: un mentore deve essere un po’ come un cubo di rubik: accessibile, ma un tantino complicato. È pur sempre il prof che spiega, non il compagno che ti fa copiare.
Iniettagli il virus del dispiacere: spesso il mentore è un eroe mancato; le cose non sono andate bene perché lui stesso ha fallito in passato oppure ha agito per il male e poi si è pentito; in ogni caso il mentore non è un quieto vecchietto arrivato all’età della pensione con le guance rubizze e la fronte serena; qualcosa lo ripiega in se stesso: se lui è utile all’eroe per completarne l’istruzione, l’eroe può essergli utile per riscattarlo dal suo (oscuro) passato.
Caratterizzalo con dei tic. Il mentore è un savio ma deve avere anche connotazioni che lo umanizzino. Rendilo dipendente dalla sua pipa (Gandalf) o fagli scuotere il capo come un qualsiasi vecchietto (Yoda), ma trova un difetto che lo renda simpatico e faccia sentire l’eroe (e il lettore) superiore a lui di tanto in tanto.
Rendilo casto. Sembra sciocco dirlo, ma il mentore, non partecipando più all’azione, non subisce più le tentazioni della carne. Egli consiglia, contempla, giudica, non tenta, né è tentato. Quindi può anche amare e apprezzare la bellezza, ma non esserne succube.