Il diario di Mr. Darcy – recensione di Daniela Marras4 min read
Reading Time: 4 minutesdi Daniela Marras
Nel mese di ottobre 2013, è stato pubblicato in Italia Il diario di Mr. Darcy di Amanda Grange, romanzo uscito in Gran Bretagna nel 2005.
Come informa la copertina, si tratta di Orgoglio e pregiudizio nella versione di Darcy: “La storia di Darcy ed Elizabeth… raccontata dal punto di vista di lui… Per la prima volta”.
Chi ama e apprezza Jane Austen, non può non avvicinarsi con curiosità a questa “interpretazione creativa” (l’espressione è tratta anch’essa dal risvolto di copertina) di uno dei suoi più famosi romanzi che è diventato un classico della letteratura.
Sono note anche le “interpretazioni creative” della sua opera nel mondo del cinema e a breve, a conferma di quanto appena detto, uscirà un nuovo film sulla vita dell’amata autrice. Orgoglio e pregiudizio fu scritto tra il 1796 e il 1797 inizialmente col titolo First Impressions che poi, nel 1813 (anno di pubblicazione) diventerà Pride and Prejudice: da allora è passato davvero tanto tempo ma ciò non intacca il successo delle opere di Jane Austen.
Il romanzo di Amanda Grange viene dunque ad inserirsi in questa ondata di “favore” verso i romanzi della famosa autrice britannica e verso l’autrice stessa.
Non la prima volta che la storia di Darcy ed Elizabeth viene raccontata dal punto di vista di lui: infatti nel 2012 la Casa Editrice Petites Ondes pubblicava in Italia il romanzo Pregiudizio e Orgoglio di P. R. Moore-Dewey, pseudonimo ridondante di una autrice non britannica ma italianissima. Tuttavia è senz’altro la prima volta che la rivisitazione di Orgoglio e pregiudizio viene effettuata nella forma del diario. Amanda Grange (che non è nuova alle rivisitazioni letterarie sotto forma di “diario” dell’opera di Jane Austen) ha infatti creato un calendario dettagliato della narrazione che si svolge, nel suo romanzo, dal 1° luglio 1799 fino al Natale 1800, con un’appendice di due pagine in data 4 marzo 1801.
Nella fascetta che accompagna l’edizione italiana del romanzo in oggetto, si legge che si tratta della “più bella storia d’amore di tutti i tempi come non l’avete mai letta”. Si può obiettare però che la storia raccontata da Jane Austen non sia tanto una “storia d’amore” quanto piuttosto la storia di un “innamoramento”: innamoramento sulla cui origine i due protagonisti, Elizabeth e Darcy, si interrogano alla fine del romanzo nel sessantesimo capitolo, il penultimo, dove, nella traduzione italiana, i due innamorati lasciano il “voi” e passano al “tu”.
Il diario è tenuto da Darcy, ovviamente, e comincia con le preoccupazioni del protagonista sulla sorella minore Georgiana, che, in questa rivisitazione, è molto più presente rispetto al romanzo di Jane Austen. La trama è stranota per cui il lettore non si aspetta novità e colpi di scena che non siano già presenti nel romanzo originale.
Nel diario però, fugati tutti i dubbi sul reciproco falling in love e superati tutti gli ostacoli dovuti a orgogli e pregiudizi di vario genere, arrivano anche i baci tra i due protagonisti e Darcy giunge a scrivere: “Era così bella che ho ceduto al desiderio di baciarla. In un primo momento è stata sorpresa, ma poi ha risposto con affetto, e in quel momento ho capito che il nostro matrimonio sarebbe stato felice in ogni senso” e poi, nel giorno delle nozze, “Attendo con impazienza questa sera. Dopo cena, il nostro matrimonio inizierà”. Azzardo di un’autrice dei nostri tempi rispetto a una storia ambientata secoli fa nel mondo di Jane Austin o semplice concessione al punto di vista di un uomo innamorato?
Benché il romanzo in oggetto sia ufficialmente un “diario”, ufficiosamente diventa una storia ricca di dialoghi e discorsi tra i vari personaggi che Darcy riporta fedelmente ricorrendo alla trascrizione del discorso diretto, quindi piuttosto un romanzo narrativo “tradizionale” mascherato da “diario”, seppure – si deve ammettere – la scansione degli eventi venga dettata dal calendario ricostruito da Amanda Grange e benché non manchino le riflessioni meditate, i commenti personali, le rivelazioni sugli intimi stati d’animo dell’autore nei confronti di un “quaderno segreto” che, quale suo confidente, ne raccoglie le confessioni.
La traduzione ricrea una narrazione scorrevole anche se non manca una svista inopportuna laddove si dice che “Miss Bennet era ancora indisposta questa mattina, e Caroline e Louisa hanno insistito affinché restasse a Netherfield fino al suo completo ricovero”: ovvio che Miss Bennet sarebbe dovuta restare fino alla sua completa guarigione, in inglese recovery. Ma, appunto, deve trattarsi di una svista.
Vale dunque la pena di leggere Il diario di Mr. Darcy?
Vale la pena se ci si vuole dilettare con una lettura leggera e non troppo impegnativa, avvicinandosi all’opera, come già detto, con quella sorta di curiosità e “affetto” per il mondo e la scrittura di Jane Austin che rimane – è indubbio – impareggiabile: il brio, la sottile ironia, l’effervescenza della sua narrazione restano ineguagliate.
Come dimenticare il ritratto efficace e ben riuscito che, fin dall’inizio di “Orgoglio e Pregiudizio” e poi nel corso del romanzo, si delinea dell’arguto e ironico Mr. Bennet?
È quindi sicuramente consigliabile di cogliere l’occasione per rileggere l’opera di Jane Austin che ancora, in un mondo tanto cambiato rispetto al suo, riesce a suscitare interesse, ammirazione, forse desiderio di emulazione, perfino amore letterario e magari un pizzico di rimpianto!