Strano, si pubblicano libri sempre più lunghi3 min read
Reading Time: 3 minutesarticolo di Paolo Armelli per Wired.it
Può sembrare un aspetto un po’ paradossale, in un’epoca in cui si dice che ormai quasi più nessuno legge e in cui le soglie dell’attenzione si stanno abbassando sempre di più. Ma se vi è capito di andare in libreria ultimamente e sfogliare le ultime novità, soprattutto in fatto di bestseller, l’osservazione empirica è abbastanza evidente: i libri nuovi sono sempre più lunghi. Secondo una ricerca citata dal Guardian negli ultimi 15 anni il numero di pagine per libro è cresciuto del 25%.
La statistica prende in considerazione i volumi della classifica dei bestseller del New York Times e i titoli più discussi di ogni secondo secondo Google: ebbene queste pubblicazioni presentano circa 80 pagine in più rispetto alla media riscontrata nella ricerca precedente, datata 1999. Restano da capire le motivazioni di questa espansione apparentemente antieconomica: se nessuno legge perché pubblicare libri più impegnativi? Le motivazioni possono essere diverse e, ancora una volta, contraddittorie.
In realtà, secondo alcuni, questa maggiore lunghezza editoriale è dovuta a una precisa reazione “analogica” rispetto alla fruizione digitale. La lettura, attività tradizionalmente paziente e duratura, si oppone a mezzi di comunicazione più istantanei, dunque i lettori stessi cercano esperienze che siano il più possibile immersive, preferendo la lunghezza delle storie letterarie ad altre suggestioni più effimere. C’è anche da dire che i generi più venduti negli scorsi anni (gialli, storie d’amore ed erotiche, saghe fantasy…) sono di per sé più di altri votati a una maggiore lunghezza.
Per contro, uno dei fattori di questo “allungamento” può venire anche dall’affermarsi della lettura in formato digitale. Secondo James Finlayson di Vervesearch, che ha curato l’indagine riportata dal Guardian, “quando si prende in mano un libro voluminoso in libreria si può rimanerne intimiditi, mentre la lunghezza delle pagine su Amazon è un dato a cui spesso non si fa nemmeno attenzione“. Certe volte sono anche i metodi di scrittura stessi che rendono più consistente il numero di capitoli: chi scrive self publishing, ad esempio, pubblicando magari brani della propria opera con periodicità regolare, tende ad allungare gli scritti a seconda del riscontro dei lettori, aggiustando (e quindi allungando) la scrittura in itinere. (Alcuni studi dimostrano, tuttavia, che il 60% degli ebook iniziati non viene poi mai portato a termine.)
Un parallelo interessante si può trovare rispetto alla moda recente del binge watching: molte persone guardano per ore e ore episodi delle loro serie preferite, dimostrando dunque disposizione d’animo a dedicare parecchio tempo a una sola attività sempre uguale. Tolto il fatto che si parla di uno stimolo più che altro visuale mentre la lettura è un’operazione che richiede forse più concentrazione, “le persone dimostrano di avere la voglia, la pazienza e la resistenza di stare incollate a una stessa storia e agli stessi personaggi anche su una dimensione più estesa“, annota Max Porter, editor della rivista letteraria Granta.
Di sicuro queste osservazioni sono interessanti soprattutto se si considera il mercato anglosassone: lo dimostra il successo di autori “long-writing” come Donna Tartt, Jonathan Franzen e più di recente Marlon James (fresco assegnatario del Man Booker Prize, dove negli ultimi anni la media delle pagine dei libri vincitori si attesta sulle 300 pagine). Ma anche in Italia sembra che i bestseller più acclamati non possano attestarsi sotto le 200 pagine. Resta il dubbio sull’annosa equazione “quantità=qualità” e magari poi i critici letterari non mancano quasi mai di scrivere frasi tipo “sarebbe stato migliore con 100 pagine in meno“. Eppure nel frattempo la nostra bulimia letteraria è soddisfatta. Mal che vada questi mega-volumi diventano graziosi accessori d’arredamento, o efficaci oggetti contundenti.
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