Può un’opera di fantascienza invecchiare come una bottiglia di cognac?5 min read
Reading Time: 4 minutesarticolo di Rabio Deotto per Wired.it
“Amo scrivere, ma scrivo solo per piacere personale. C’è un meraviglioso senso di pace nel non pubblicare.” Sono le parole con cui J. D. Salinger, nel 1974, decise di rispondere a chi gli domandava perché da nove anni non pubblicasse più nulla. Oggi, la figura di Salinger è presa come esempio principe dell’artista riluttante, lo scrittore che, una volta assaggiato il successo, ha preferito chiudersi ad armadillo sopra la propria arte per evitare che venisse contaminata.
In realtà, nessuno sa con esattezza cosa spinse Salinger a segregarsi dal mondo editoriale, ma non passa anno senza che il ribollire di speculazioni faccia emergere una nuova teoria o nuove presunte rivelazioni sulla vita dell’autore. Il fatto è che, per la maggior parte delle persone, l’idea che un artista rinunci preventivamente a trasformare il frutto delle proprie fatiche creative in denaro e gloria, è del tutto inconcepibile; e questa incredulità spesso porta ad ammantare le opere di questi “artisti riluttanti” di un’aura quasi sacra.
È in questo solco che va a inserirsi il nuovo, folle progetto di John Malkovich e Robert Rodriguez, annunciato in queste ore. I due starebbero lavorando a un film intitolato 100 Years che, una volta completato, verrà chiuso in cassaforte fino al 18 novembre 2115. Un esperimento cinematografico? No, la trovata pubblicitaria di una marca di cognac di lusso Louis XIII. Il film e il liquore verranno lasciati invecchiare per 100 anni, prima di incontrare il grande pubblico.
La notizia sarebbe tranquillamente evaporata nel giro di poche ore, se dietro questo progetto non ci fossero due artisti rispettati come Malkovich e Rodriguez. Il risultato è che, quella che probabilmente è solo una mossa furba per vendere bottiglie di cognac (e rimpinguare le casse dei due cineasti), sta generando una serie di interessanti teorie.
La storia è piena di opere d’arte concepite per non essere pubblicate. Il prossimo 26 novembre, ad esempio, verrà pubblicata in Italia L’Esegesi di Philip Dick, un volume di oltre 1000 pagine in cui l’autore di Ubik e Minority Report ha raccolto anni di speculazioni, tanto che da molti viene definita come la sua opera più importante. Nella sua carriera Dick ha scritto prevalentemente per pubblicare: i romanzi – pur essendo chiaramente animati da un autentico talento – erano la sua unica fonte di reddito. L’Esegesi invece è stato scritto in una sorta di reclusione creativa, come si farebbe con un diario; a Dick non interessava tanto comunicare ai suoi lettori la sua visione del mondo, quanto comunicarla a se stesso.
Ecco, la principale differenza tra questo tipo di opera e 100 Years consiste nell’urgenza (se così si può chiamare) che ha spinto Malkovich e Rodriguez a realizzare il progetto. 100 Years non è un’idea su cui i due hanno lavorato in segreto che poi è stata chiusa in cassaforte, non è un film girato con l’intento di creare un’opera al riparo dalle sirene del botteghino; semmai nasce proprio come prodotto di un interesse commerciale.
C’è poi un altro problema: i teaser diffusi dagli ideatori del progetto dovrebbero fornire un’idea dell’aspetto che il mondo del futuro avrà fra 100 anni. Peccato che in tutte e tre le versioni fornite quel futuro appaia già vecchio. Uno inquadra uno scenario post-apocalittico, in cui la città è stata mangiata dai rampicanti, un trucco vecchio che richiede a un autore il minimo sindacale dello sforzo creativo (basta guardare al mondo di oggi e ridurlo in rovine con un po’ di gusto); la seconda mette in scena un mondo inquinato e cupo a la Blade Runner; la terza versione pesta a tavoletta sull’acceleratore tecnologico riempiendo la città di luci e auto volanti (se le cose continuano ad andare come vanno, dubito che fra cento anni potremo permetterci di trasformare ogni metropoli in Las Vegas).
Direte voi: è un film, non stare troppo a fare le pulci; dopotutto anche Ritorno al Futuro II immaginava un futuro pieno di auto-volanti e tecnologie bizzarre. Vero, ma considerate che quel film era stato concepito da un regista degli anni ’80 per un pubblico degli anni ’80, e ha la fortuna di essere invecchiato bene solo perché non si prendeva troppo sul serio (e perché legioni di fan cresciuti negli anni ’80, me compreso, l’hanno conservato nel cuore). Ma parliamo di 30 anni fa, non 100. Ecco che aspetto avevano i film di fantascienza 100 anni fa:
[cn_video type=”1″ value=”sLXS-pAfz9M”]
Il cinema era ancora un’arte giovane, aveva da poco compiuto la maggiore età e le sue potenzialità erano in buona parte inespresse. Da allora la tecnologia cinematografica ha fatto passi da gigante e, con ogni probabilità, la curva continuerà a impennarsi di qui al 2115. Basti pensare alla mole di investimenti che gli studios stanno dedicando al futuro della realtà virtuale cinematografica. Il problema, alla luce di queste considerazioni, è che anche se un film 100 Years avesse le carte in regola per reggere alla prova degli anni, è probabile di che di qui a un secolo la nostra modalità di fruizione dei prodotti cinematografici sarà talmente diversa, che pochissimi (leggi: accademici e addetti ai lavori), avranno interesse a vederlo.
Naturalmente, esistono storie di fantascienza che hanno dimostrato di non avere una data di scadenza. Penso a Solo il mimo canta al limitare del bosco, romanzo del 1980 recentemente ripubblicato da Minimum Fax, in cui Walter Tevis descrive un mondo governato da robot senzienti in cui l’uomo è una specie in via d’estinzione. Nonostante alcuni elementi poco plausibili (nel XXV secolo è ancora necessario accedere ad archivi fisici per ottenere informazioni), la storia di Tevis è talmente forte da sopportare la pressione degli anni.
Chissà, magari 100 Years è un film talmente visionario e solido che entrerà negli annali del cinema. Ma dubito che, se davvero avessero per le mani una storia così inossidabile, Malkovich e Rodriguez la chiuderebbero in cassaforte per la felicità di uno sponsor produttore di cognac.
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License.