Darkland di Paolo Grugni, recensione2 min read
Reading Time: 2 minutesSettant’anni fa il processo di Norimberga mise alla sbarra le alte gerarchie naziste, o meglio, ciò che ne rimaneva – e non era riuscito a fuggire. Si trattò, come fa dire l’autore del romanzo a uno dei personaggi, di un processo evento che mirava non solo a fare giustizia, ma a definirsi conclusione giusta del capitolo più buio del Novecento.
Come sappiamo, il capitolo non s è ancora chiuso. Rimangono note, a piè di pagina, che minacciano di diventare storia un’altra volta. Darkland (MelvilleEdizioni), ultimo thriller di Paolo Grugni, autore milanese già collaudato a questo genere letterario con romanzi come Let it be, Mondoserpente e Italian sharia, è un romanzo-indagine su ciò che è rimasto del nazismo e perché la sua carica ideologica non si è spenta.

Siamo nel cuore della Germania, la Foresta Nera. Karl Jerzyck criminologo, temporaneamente allontanato dalla sua cattedra, s’imbatte in alcuni resti ossei. Viene fuori che sono umani e appartengono a persone scomparse un quarto di secolo prima. La catena di sparizioni riprende a Friburgo e coinvolge gli ambienti dei nostalgici del terzo Reich che “si stanno preparando” al settantesimo anniversario del processo di Norimberga. Karl, insieme a un ex poliziotto che aveva seguito a suo tempo il caso, indaga. Il disseppellimento dei resti ossei lo conduce in un territorio oscuro della Storia e dell’anima, popolato di librai, libri clandestini, politici, parenti di ex gerarchi, fanatici del Signore degli anelli e dell’Edda, i poemi della mitologia norrena, bellissime valchirie eccetera.
A questo punto, il romanzo, per atmosfere, spessore dei personaggi potrebbe anche essere un noir, pure se del thriller mantiene la voglia di arrivare alla soluzione della trama, complice una scrittura asciutta e ritmata dai dialoghi.
Darkland può essere letto anche come una nuova chiave di interpretazione del nazismo e delle sue origini. Al termine del romanzo, infatti, troviamo una lunga bibliografia a cui l’autore ha attinto. Inoltre, conosce bene la Germania: “Mi sono laureato nel 1987 in lingua e letteratura tedesca, ho vissuto un anno a Monaco e ora sono stabile a Berlino“. Sul fatto che il Paese abbia sviluppato buoni anticorpi contro il morbo di una nuova dittatura, Grugni non ha dubbi, anche se episodi di intolleranza non mancano mai. Su analogie che certuni hanno stabilito tra nazismo e Isis bisogna essere cauti: “Il nazismo nei primi anni, pur essendo già un’atroce dittatura, si occupò di tutelare il popolo sotto vari aspetti, come lavoro, salute, alimentazione. Poi si trasformò nel mostro che tutti sappiamo. Ed è qui che si possono trovare alcuni punti di contatto, ovvero l’idolatria più sfrenata come pure il fatto che il nazismo, come l’Isis oggi, fu una banda di criminali dedita al saccheggio e allo sterminio“.