Intervista a Leonardo Patrignani, autore di "There"4 min read
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Com’è nata l’idea di scrivere il romanzo con un tema particolare e che pochi conoscono come la premorte?
L’ispirazione nasce dalla mia costante curiosità circa tematiche particolari, che amo definire “di confine”, capaci di incrinare la nostra visione classica della vita e di fornire spunti affascinanti per prendere in considerazione ipotesi vicine alla metafisica. Sono sempre a caccia di teorie o testimonianze su ciò che giace oltre la soglia estrema della nostra esistenza. Quando ho iniziato ad approfondire il tema della premorte sono stato risucchiato in un vortice di documentazioni scientifiche dal quale non credo di essere ancora uscito, nonostante il libro sia fuori da giugno e il lavoro, in teoria, concluso.
Il tuo lavoro precedente, Multiversum, è stata una trilogia mentre There è un singolo romanzo, quali differenze hai trovato nella preparazione di queste due lavori?
Notevoli. Mi sono trovato meglio nella stesura di una storia che avesse un inizio e una fine, senza alcun presupposto per lo sviluppo seriale. Devo però ammettere che architettare la trilogia che l’ha preceduta è stato davvero stimolante, e chiudere il primo e il secondo capitolo con dei criptici cliffhanger mi ha divertito non poco. Sono però più a mio agio nella scrittura di una storia che apra e chiuda il cerchio nel giro di un solo volume autoconclusivo.
Immagino che tu ti sia documentato molto sulla materia, come ti sei trovato in questo lavoro di ricerca? In altre parole come giudichi quest’esperienza?
Mi ha arricchito e continua a farlo anche oggi. Ho adorato il saggio di Enrico Facco Esperienze di premorte (ed. Altravista), che cito anche nella nota dell’autore di There come mio principale riferimento. Ma indagare questi temi mi ha permesso di studiare anche argomenti correllati molto interessanti, dallo sciamanesimo alle filosofie orientali, fino all’uso delle droghe psicotrope e più in generale al tema della coscienza umana. In questi mesi mi hanno scritto diverse persone, colpite dal tema del romanzo, portandomi la loro esperienza. Il contenuto dei loro racconti non mi stupiva: avevo già trovato tonnellate di storie simili in letteratura. Il che mi dà la conferma che qualcosa di straordinario c’è e alcune persone hanno avuto, nella “sfortuna” di un evento tragico, il privilegio di dare una sbirciata oltre il confine per intravederlo.
La protagonista del tuo libro è una ragazza ed è anche la voce narrante. Tutta la storia ci viene quindi raccontata con il punto di vista femminile. In tal senso per un uomo le difficoltà sono fisiologiche, ci spieghi il motivo di una scelta così coraggiosa?
Quando ero un adolescente adoratore di King (come se ora non lo fossi…) rimasi molto colpito dalle sue dichiarazioni in un’intervista rilasciata dopo l’uscita di Dolores Claiborne, romanzo narrato interamente dal punto di vista di una (sgrammaticata e rude) donna. Forse dentro di me sapevo che prima o poi avrei lanciato a me stesso la medesima sfida. L’ho fatto con There, ne sono molto contento. Veronica è viva, nel mio cuore, non è solo un personaggio fittizio. Sono stato Veronica per almeno un anno, per calarmi nella dimensione di sofferenza e difficoltà della ragazza. Ho dovuto vedere l’intera vicenda dai suoi occhi. I commenti di chi ha apprezzato questo percorso narrativo mi hanno dato la conferma di aver fatto un buon lavoro psicologico sul personaggio, dunque devo dire grazie al Maestro per l’ottimo spunto.
Io credo che leggere un libro sia come viaggiare e visitare un nuovo luogo, alla fine ci si sente più ricchi di esperienza e magari appagati. Credo anche che chi scrive viva un’esperienza ancora più intensa di chi legge. Ti chiedo quindi, al termine di questo lavoro cosa ti è rimasto in tasca? Cosa ti ha insegnato il tuo libro sulla vita?
Concordo con te sul potere delle storie, che spesso accomuno appunto a dei magnifici viaggi (tanto da chiamare i miei lettori Viaggiatori). Questo romanzo, devo ammetterlo, mi ha dato moltissimo. La documentazione che mi sono sobbarcato prima della stesura mi ha fatto riflettere, e lo fa ancora oggi, sul nostro percorso e su quello che siamo davvero. Sui nostri limiti, sulle capacità di guardare oltre, di cambiare punto di vista… avevo già iniziato a ragionare in tal senso con Multiversum, specie grazie all’epilogo paradossale di Utopia, dunque con There non ho fatto altro che proseguire su una strada ricca di informazioni, ipotesi e teorie affascinanti. Per rispondere, in fondo, a interrogativi che esistono da quando esiste la vita su questo pianeta.
A volte un romanzo può suggerire una risposta. Sta al lettore interpretarla e farla sua. Sta al lettore trovare la Via.