Come la letteratura cosiddetta di genere è diventata più importante di quella (cosiddetta) "alta"3 min read
Reading Time: 3 minutesQuali sono i dibattiti letterari che tengono attualmente banco? In Italia il romanzo biografia di Aldo Busi, Vacche amiche, un autore che dal suo primo libro non fa che ripetere la litania di essere il migliore scrittore italiano e dispiacersi di essere nato in un paese di gente così inetta (che guarda caso non lo legge, quella stessa gente che lui ha deliziato partecipando all’Isola dei famosi 2010. Perfetto esempio di coerenza italiana). Altro dibattito delle nostre parti, purtroppo fondato su dati reali, riguarda il calo dei lettori. Mi chiedo, ogni tanto, se gli italiani leggano effettivamente meno o “leggano diverso”. Tra ebook scaricati legalmente, illegalmente e biblioteche, le vie per raggiungere un testo si sono moltiplicate. Insomma, si legge meno o si comprano meno libri?
All’estero, le discussioni si fanno più interessanti e meno drammatiche. L’ultima viene rilanciata sul sito di Esquire che titola: “How Genre Fiction Became More Important Than Literary Fiction” (Come la narrativa di genere è diventata più importante di quella alta). Si comincia citando una querelle avvenuta tra due autori “importanti” (e che non hanno bisogno di autoproclamarsi “il migliore” confortati dalle vendite, evidentemente): Kazuo Ishiguro, autore inglese di Quel che resta del giorno, e Ursula K. Le Guin, autrice americana di numerose opere fantasy e scifi di successo tra cui La mano sinistra delle tenebre. Il 3 marzo è uscito il nuovo romanzo di Ishiguro, The Buried Giant, un’opera fondata sulla mitologia, che richiama per certi versi Tokien, ambientata nella Britannia del V secolo. L’autore si è detto preoccupato che i lettori possano scambiare la sua ultima fatica per un’opera di genere fantasy. La Le Guin ha commentato piccata: “E se anche fosse? Sembra quasi che si tratti di un insulto”. E il dibattito è partito.
Per la verità, Esquire si smarca dall’eterna questione se la letteratura di genere sia da considerare minore di quella “alta” dicendo che si tratta di un dilemma ormai anacronistico. Secondo Stephen Marche, autore del post, non c’è ragione che uno scrittore debba sentirsi lontano dagli argomenti topici della letteratura di genere come l’omicidio, l’erotismo, il fantastico eccetera. Conan Doyle si vergognava per i suoi “romanzi seriali” su Sherlock Holmes, avrebbe voluto passare alla storia per altri lavori, e Jim Thompson all’epoca, era considerato un autore da pulp magazine, non un grande autore. Ma la Storia e il Tempo, i veri critici letterari, non hanno vezzi snobistici e ridimensionano o rilanciano al di là dei tic editoriali di un’epoca.
Penso che l’autore del post abbia ragione ma solo in parte. Io credo che nessuna opera che tratti certi temi decada automaticamente nella classifica di letteratura di serie B. I fantasmi? Shakespeare ne parla nell’Amleto. Omicidi? Fyodor Dostoyevsky li usa nei suoi romanzi che, spesso, prendono la piega di veri e propri noir. La questione non è cosa ma come. Perché se non c’è dubbio che un Tommaso Landolfi, un Mervyn Peake e un Tolkien abbiamo scritto storie di qualità (e con “qualità” non intendo difficili, dalla scrittura letteraria e virtuosa, ma evocative e piene di rimandi) è altrettanto vero che il genere fantasy ha sfornato una serie di prodotti editoriali che hanno fatto o sfruttato una moda. Gli elementi fantasy non diventano letteratura di serie B nel momento in cui sono trattati con originalità; lo sono invece nel momento in cui sono trattati come ingredienti per confezionare un prodotto di sicuro successo.
La letteratura di genere può essere di seria “a” o “b” e così la “alta”. Il rischio di quest’ultima non è adottare in modo seriale e scontato dei temi ricorrenti, ma l’affettazione, una certa pretesa di profondità che decade a sega mentale. Vedi il caso di Busi. Il più grande scrittore italiano in casa Busi e in tutti i salotti dove lo stesso è invitato.