NNeditore e l’utopia delle nuove case editrici2 min read
Reading Time: 3 minutesarticolo di Paolo Armelli per Wired.it
Lo si ripete spesso e da più parti (anche da queste pagine): la crisi dell’editoria libraria è un fatto inequivocabile. I lettori diminuiscono e i timidi segnali di ripresa sono, appunto, limitati a specifici ambiti ancora di nicchia per parlare di una effettiva risalita. C’è chi dunque pensa che l’unica possibilità per il mercato editoriale sia quella di salvare il salvabile, se non quella di dare nuovi assetti al già esistente (il caso Mondadori-Rizzoli, per citare un caso controverso).
Eppure in ogni tempo c’è qualcuno che osa. E osare in questo periodo significa tentare nuove strade fondando nuove case editrici, del tutto indipendenti e fuori delle logiche prestabilite. È il caso di NNEditore: nata nel novembre 2013 dall’idea di Eugenia Dubini con l’ausilio di Alberto Ibba, Gaia Mazzolini e Edoardo Caizzi, è sbarcata ufficialmente in libreria il 19 marzo scorso con due titoli americani: Benedizione di Kent Haruf e Sembrava una felicità di Jenny Offill. L’intento è quello di creare “una casa editrice che fosse innanzitutto una buona casa editrice, che pubblicasse libri belli insomma, italiani e stranieri“, proponendo soprattutto “autori qui da noi inspiegabilmente rimasti “orfani” di editore“. Un obiettivo ambizioso, soprattutto se si aggiunge una ricerca che, come dice il brand NN – nescio nomen (“nessun nome”), ha al suo centro “il concetto di identità, individuale e collettiva, indagata nel contemporaneo“.
La domanda che viene da porsi a questo punto è: ha davvero senso dare alla luce una nuova casa editrice in anni in cui quelle già avviate chiudono? Dal punto di vista economico solo le vendite in libreria (e negli store di ebook) potranno rispondere. Da quello culturale, invece, si tratta sempre di una sfida emozionante: perché se è vero che NNeditore “riconosce la “sacralità” di un libro e il valore della cultura, ma non per questo desider[a] tumular[s]i dentro a uffici inviolabili rivestiti di librerie e volumi, parlando linguaggi condivisi solo tra gli addetti ai lavori“, necessariamente dovrà comunicare in modo innovativo e sempre più digitale.
Lo dimostra già il fatto che questi neonati editori abbiano abbandonato il vetusto concetto di “collana”, preferendo inserire i libri in “serie” e “stagioni” che, esaurito il loro slancio tematico, saranno sostituite da altre. Inoltre l’occhio alla comunicazione social e online pare molto attento: da oggi, 23 marzo, è online “Il blog di Gemma“, scritto di suo pugno dalla detective protagonista dei gialli di Stefania Divertito pubblicati dalla casa.
Proporre libri belli e che siano letti da molti lettori è il sogno di chiunque voglia lavorare nel mondo editoriale. Che questo sembri, nello stato attuale, un fine quasi utopico non impedisce di augurarsi che editori nuovi, giovani e digitali facciano bene il proprio mestiere, ottenendo il successo che possono, il successo che meritano.
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