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Perché Zerocalcare merita di vincere (ma non vincerà) lo Strega4 min read

19 Marzo 2015 3 min read

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Perché Zerocalcare merita di vincere (ma non vincerà) lo Strega4 min read

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articolo di Gianmaria Tammaro per Wired.it
Ieri mattina stavo parlando con Michele Foschini, CEO insieme a Caterina Marietti della BAO Publishing. Parlavamo dell’annuncio che c’era stato poco prima del nuovo libro di Giacomo Bevilacqua, il papà di A panda piace: un libro, edito dalla BAO, che racconterà una storia ambientata tra New York e dintorni.
Stavo dicendo a Michele quanto fossi felice della cosa, quando di colpo, aggiornando la home di Facebook, è comparsa una notizia. La notizia, anzi. Zerocalcare candidato al Premio Strega.
Ho letto i particolari, della Bignardi e della Scego che hanno proposto il suo nome, e ho letto le prime dichiarazioni della BAO: la felicità per un simile riconoscimento, e soprattutto la contentezza per la seconda nomination, in due anni, per un graphic novel a quello che è, di fatto, il premio più prestigioso per la letteratura italiana.
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Ho riportato la notizia. Ne ho parlato con qualche amico. Ho fatto i complimenti a Michele, in chat, scherzando sulla presenza dell’altro Michele, Zerocalcare, in quasi tutte le trasmissioni televisive: “c’era quasi da aspettarsi che si candidasse insieme a Landini”.
Poi non ne ho più parlato. Riprendo il discorso stamattina dopo aver letto l’articolo di Ivano Porpora su La Nottola di Minerva.
Scrive Porpora: “Il nome di questo articolo [che titolava, invece, “perché spero che Zerocalcare non vinca lo Strega”] avrebbe dovuto essere: perché spero che Zerocalcare non partecipi allo Strega”. E andando avanti, spiega perché. Partendo da presupposti fondamentali e concludendo con un ragionamento logico, pulito, condivisibile. E la speranza che Zerocalcare ottenga altro, ben altro, che non lo Strega.
Contrariamente a Ivano Porpora, io mi sento di dire: spero che Zerocalcare vinca lo Strega. So che non succederà, attenzione. So che deve rivaleggiare contro i titani dell’editoria italiana, che deve fare i conti con un sistema vecchio, pesante, che premia le major più che gli scrittori e i libri; e che con lui, in concorso, ci sono giganti come la Ferrante (la favorita, secondo me). Ma lo spero comunque: lo spero perché Michele, e più in generale il fumetto italiano, si meritano un riconoscimento del genere.
Dimentica il mio nome, il libro edito BAO che ha portato Zerocalcare alla candidatura allo Strega, è un libro intimo, ponderato, soprattutto – come ha scritto Andrea Coccia su Linkiesta – maturo. È il passaggio tra il primo Zerocalcare e il secondo Zerocalcare, quello attuale, di oggi: c’è molto più del citazionismo e dell’ironia sincera, schietta, di un ragazzo cresciuto nella periferia romana. C’è molto più di Rebibbia. C’è la forza del racconto, ci sono tempi comici alternati splendidamente a tempi drammatici. Ci sono pause, riflessioni, c’è – tutto sommato – una morale.
Come dice Porpora, questo libro non può essere certo paragonato a unastoria di Gipi: sono due generi diversi; due storie, anzi, diverse. E ci sono due persone diverse: Zc ha uno stile più fresco, più “da blogger”. Gipi, invece, è uno scrittore. Totale, definitivo, d’esperienza.
Il solito discorso, e cioè quello di chi dice che un libro a fumetti, o graphic novel, non può gareggiare con la letteratura pura e semplice, è un discorso, secondo me, superato. Le immagini, come i disegni, fanno parte della narrazione: dell’immaginario comune. La letteratura, intesa come concetto più che come arte o medium, si è ampliata con il tempo. E non basta nemmeno dire “lo Strega è stato dato ai più grandi della letteratura italiana, ai classici” per eliminare dall’equazione – non solo il fumetto come genere ma – Zerocalcare e il suo libro.
Dimentica il mio nome merita questa candidatura. La merita per quello che rappresenta: il racconto di un autore maturo, capace, di qualità. La merita perché ha raccolto a piene mani la missione della letteratura intesa in senso più alto: quella cioè di parlare al lettore, di coinvolgerlo, di raccontargli qualcosa e, nel caso, di dargli un messaggio.
Zerocalcare non è (solo) un autore da blog. Il suo linguaggio non è adatto solo alle pagine web, ai siti, a facebook. Il suo linguaggio è la dimensione di un nuovo modo di comunicare e, anche, di scrivere: più fresco, più immediato, più ironico. Accanto alla parola, il disegno. E anche questo conserva il dinamismo della narrazione scritta. E funzionano insieme. Perfettamente.
Gipi ha avuto il grande, grandissimo merito di sdoganare un genere, di portarlo laddove non era mai arrivato – neppure con i più grandi del fumetto italiano. Zerocalcare ha il compito, sacrosanto, di restituire lo stesso premio al pubblico.
Che si decida, ora, per la qualità, per il talento e soprattutto per il libro.
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