E tu che scrittore sei, coeso o segmentato?2 min read
Reading Time: 2 minutesRecentemente ho comprato un saggio interessante sulla scrittura (e la lettura) creativa: Come si legge (e scrive) un racconto di Maria Teresa Serafini, pedagoga, linguista, collaboratrice con l’editore Bompiani (con cui ha pubblicato il saggio) per la sezione scolastica e blogger (o forse ex blogger visto a quando risale l’ultimo aggiornamento). L’autrice spiega subito che molte delle indicazioni contenute nel testo possono essere usate anche per i romanzi.
È un libro per studenti che scrivono e insegnanti che insegnano a scrivere. Io ho trovato interessante la prima parte, cioè quella dove si spiegano le tecniche di scrittura narrativa. Mi è piaciuto soprattutto il capitolo sullo stile e la lingua (pagina 61) dove si parla di:
1) STILE SEGMENTATO “caratterizzato da frasi brevi e sintassi semplice: le frasi sono coordinate tra loro (paratassi) o indipendenti (giustapposizione). Sono presenti molti punti. I testi scritti sono di più semplice informazione, a parità di quantità di informazioni“.
2) e STILE COESO che “presenta periodi lunghi e complessi, una sintassi più articolata con molte frasi subordinate (ipotassi). I testi scritti in uno stile coeso danno un maggior numero di periodi rispetto ai testi scritti in stile segmentato; risultano quindi più densi e difficili da comprendere“.
A seguire uno schemino (sotto) dove sono elencate le caratteristiche dei due stili.
Penso che questa contrapposizione dello stile segmentato e dello stile coeso sia alla base di tutta la letteratura del Novecento. Io, almeno, nella mia esperienza di lettore, per quanto riguarda lo stile, ho sempre suddiviso gli scrittori in segmentati e coesi, cioè in narratori dallo stile breve, limpido oggettivo oppure dallo stile fluido, capace di piegarsi ora a una forma letteraria, quasi arcaica ora estremamente colloquiale.
Ad esempio, penso che un campione di narrativa segmentata sia Hemingway per il suo stile breve, secco, quasi giornalistico, fortemente basato sul dato oggettivo, mentre un esempio di scrittura coesa sia Garcia Marquez, specie in Cent’anni di solitudine per i suoi lunghi periodi pieni di aggettivi. Ci sono poi romanzi che usano entrambi gli stili come l’Ulisse di Joyce, una sorta di manuale-romanzo di scrittura creativa che nell’arco della sua vicenda mette in luce gli stati d’animo dell’essere umano e, nel farlo, le tecniche narrative per interpretarli.
In Italia i racconti di Parise, nei Sillabari, sono un esempio di scrittura segmentata, chiara, semplice, diretta, mentre quelli di Gadda, ad esempio ne L’Adalgisa, sono scritti di stile coeso che variano continuamente in quanto a registri e punteggiatura (ma in generale tutti gli scritti di Gadda cadono sotto questa categoria, leggetevi in rete San Giorgio in casa Brocchi e ve ne renderete conto). Comunque chiunque scriva, a mio parere, finisce per classificarsiin un modo o nell’altro in uno dei due stili.
Voi dove vi posizionate?