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Cose da scrittori

Come uccidere al momento giusto e per giusta causa un personaggio del tuo romanzo4 min read

12 Agosto 2014 3 min read

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Come uccidere al momento giusto e per giusta causa un personaggio del tuo romanzo4 min read

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nera signora
Anche i personaggi letterari muoiono e che lo facciano suicidandosi per amor patrio (Ultime lette di Jacopo Ortis) o in duello (Amleto), ciò avviene per decisione del loro padre onnipotente, creatore dei cieli e della terra sotto e sopra cui vivono, l’Autore. Morire è una triste necessità sia sulla pagina che nella vita reale. Del resto se non ci fosse la morte, non ci sarebbe la Divina commedia opera che si basa quasi totalmente sui dannati, i purganti e i beati che furono e non sono più.
A proposito della necessità della morte, c’è un bellissimo libro che tratta questo tema e che consiglio vivamente di leggere (soprattutto agli acerrimi nemici della legge 194 come dell’eutanasia), Le intermittenze della morte di José Saramago. Parla degli effetti collaterali – e per lo più disastrosi – di una società in cui il “tristo mietitore” ha smesso di lavorare (agenzie di pompe funebri che falliscono, malati in condizioni terribili che non aspettano altro che esalare l’ultimo respiro e non possono farlo, istituzioni religiose che perdono credibilità eccetera).
Ovviamente, non sempre in letteratura è necessario che qualcuno muoia. Più la vostra lente ingrandisce aspetti della stretta quotidianità, meno s’imporrà la necessità di far morire qualcuno. Ma se il vostro romanzo è una saga fantasy (Il signore degli anelli) o la storia generazionale di una famiglia (I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia) ecco che il triste commiato si rivelerà obbligatorio. Prima di capire qual è il modo migliore di uccidere un personaggio, una lista di morti letterarie e cinematografiche e delle conseguenze che hanno innescato.
Delitto e castigo – l’omicidio spinge il personaggio (e il lettore) a domandarsi se l’uomo, in certi casi, abbia il diritto di uccidere il suo prossimo: riflessione filosofica e morale
Amleto – l’omicidio del padre, spinge il figlio a vendicarlo portando scompiglio a corte: movente all’azione
Guerre stellari – con la morte di Obi-Wan Kenobi, per mano di Darth Fener, l’unico jedi in grado di salvare la galassia diventa Luke Skywalker: passaggio di potere
Spiderman – la morte dello zio fa sì che Peter Parker diventi consapevole anche moralmente  dei suoi poteri: definizione del main character
Il signore delle mosche – l’omicidio di uno dei bambini superstiti sull’isola fa regredite il gruppo a uno stadio semi primitivo: emersione dell’io selvaggio
Uccidere è indispensabile soprattutto perché, come disse Virginia Woolf nel film The Hours (tratto dal romanzo Le ore del premio Pulitzer Michael Cunningham), impersonata da Nicole Kidman, “deve morire qualcuno perché gli altri diano valore alla vita. È il contrasto“. Insomma, quando un personaggio non ha più molta ragione di esistere nelle pagine della nostra storia, la sua morte incrementa il senso della vita dei rimanenti.
Dunque, ecco alcune premesse che dovete vagliare attentamente prima di dare il colpo di grazia a qualcuno che avete fatto nascere con l’inchiostro e l’ispirazione (a meno che non siate George R. R. Martin e godiate nel falciare chiunque, indiscriminatamente).
Uccidi un personaggio quando è pienamente sviluppato. Prima non avrebbe senso. C’è un motivo se lo hai creato. Toglilo di mezzo solo quando ha svolto pienamente la sua funzione narrativa.
Rispetta la legge del contrasto: togli la vita a uno per darne di più agli altri. Quando un personaggio muore lascia un’eredità. Il suo sviluppo e il suo termine devono per forza influenzare il proseguo della narrazione. Se ciò non avviene, significa che quel personaggio non doveva nascere.
Dai al tuo personaggio la morte che si merita. In Cent’anni di solitudine Gabriel Garcia Marquez fa morire il colonnello Aureliano Buendía vecchio, solitario e mentre orina contro un albero dopo aver vissuto promuovendo rivoluzioni e rischiando la vita più volte, questo per sottolineare il lato beffardo del destino. Scegli con cura come fare uscir di scena il tuo personaggio: non è una questione di dignità, ma di coerenza.
Non ammazzare per noia. Un romanziere rispetta la vita che ha creato fino agli ultimi palpiti (o gocce d’inchiostro). Non uccidere un personaggio perché senti di essere arrivato a un punto morto: in quel caso è tutta la storia che deve morire. Oppure essere rivista e corretta.
Va bene la resurrezione, ma con parsimonia. A differenza delle soap opera che durano un tempo indefinito (e spesso infinito) un romanzo è un’opera che ha un inizio e una fine. Non si fonda sulla serialità delle azioni, quanto su un pathos che le accompagna da un principio a una conclusione verosimili e coerenti. Quindi se alla puntata numero 2009 della soap Amore infinito, gli sceneggiatori possono permettersi di resuscitare un personaggio decapitato alla puntata 997 con la scusa che in realtà si trattava del fratello gemello, in letteratura simili escamotage non funzionano. Se sei tentato di resuscitare un personaggio perché ne senti la mancanza, forse significa che non era ancora giunta la sua ora.
Avete altre premesse utili da suggerire prima di fare fuori qualcuno con la penna?
Sparate pure!
Fonti utili all’articolo:
How to successfully kill a character: the checklist
How to kill off fictional characters
How to kill off a main character in literature

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