Il fantasy sta uccidendo la fantascienza?2 min read
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Ogni volta che si dice del romanzo, si scopre che poi è vivo. Parlo della morte. “Il romanzo è morto” è una frase ricorrente sulle labbra della critica e puntualmente screditata dalla penna di un nuovo romanziere di successo. Qui però si parla di un genere lettario, la fantascienza. Su Artribune, Christian Caliandro fa un resoconto degli autori attuali, li paragona a quelli del passato e la stima finale è una fantascienza in crisi se non moribonda. L’autore, a supporto dei suoi sospetti, cita il saggio di un critico letterario, l’americano Fredric Jameson, che nel Desiderio chiamato Utopia (2005), parla dello “strapotere recente del fantasy e l’involuzione, la regressione in chiave conservatrice delle nostre società“.
Non possiamo negare che questi sono stati anni fortunati per il fantasy e non altrettanto per la fantascienza. Ma mi chiedo se manchino autori di pregio o, piuttosto, un discorso comune, attraverso cui il talento letterario possa esprimersi. Una guerra, una grande malattia, un disastro ecologico… Il problema è che in questa società globalizzata di globale alla fine non c’è nulla. Niente come i passati conflitti mondiali attorno a quali si sono allenati fior di penne (Hemingway e Céline, i primi che mi vengono in mente), confrontandosi, distinguendosi.
Più che regressione conservatrice, direi che la nostra società è colpita dalla frammentazione. Viviamo nel continuo accadere del tempo reale, la realtà è spezzettata nei vari media di cui disponiamo. La rete ha spazzato le gerarchie all’opinione dando il diritto a ciascuno di dire la propria. Ogni grande tragedia viene analizzata, digerita e riproposta da Internet in tempi rapidi che non permettono la rielaborazione necessaria al parto narrativo.
Forse il presente viaggia troppo veloce perché un autore si fermi, lo osservi e immagini il futuro. Il gioco del viaggio temporale non ha più lo stesso fascino che aveva negli anni d’oro della fantascienza E il fantasy, che non ha bisogno di speculare sulla realtà presente perché ne crea una alternativa, con continenti, regni, miti e addirittura divinità sue, è il genere che meno risente di questa situazione.