Capitolo 1...
Confusa da ciò che stavo provando, cercai
distrazione parlando con gli ospiti che si erano
trasferiti da qualche mese in quella città e del
quale a fine serata, non ricordavo neppure il
nome. La festa volgeva al termine e i toni
iniziarono ad abbassarsi in un miscuglio di
"Heritage Cognac", decisamente costoso; e un
insieme di fragranze prodotte dai vari fumatori
di pipe. Non era ben chiaro la qualità o la
mistura del tabacco "Davidoff Scottish" che
sentivo nell'aria, ma non ero così ingenua da
non accorgermi che c'era ben altro in quell'erba
secca che dava alla testa. Osservavo Elisabeth
tutta intenta a intrattenere gli invitati, persa nel
suo mondo perfetto. Non trascurava nessuno,
quindi non mi meravigliai della velocità con
cui si catapultò verso lo straniero vicino alla
portafinestra.
Stranamente quel comportamento mi irritò.
Aveva glissato ogni tentativo di dialogo con
diversi ospiti che avevano cercato di attirare la
sua attenzione, e non capivo la necessità di
avvicinare il suo corpo a quello di lui
facendosi circondare da un braccio. Non
volevo approfondire la sensazione di fastidio
che provai. Forse l'intimità dell'azione in tutto
il suo contesto, o forse proprio perché era
Elisabeth la donna racchiusa in quel cerchio
muscoloso, mi procurò un'imprevedibile scatto
che portò le mie mani ad afferrare la sedia
rotelle e dirigermi verso l'uscita della sala,
senza degnare di uno sguardo gli ospiti.
Dovevo allontanarmi velocemente dalla
confusione che avevo in testa. Non aveva
senso ciò che stavo provando, d'altronde
quell'uomo neppure lo avevo mai visto. Perché
ero infastidita dalle attenzioni che aveva
riservato alla moglie di mio padre? Da come si
erano sorrisi, probabilmente si conoscevano da
tempo, ed io non ero ritenuta a conoscere i
suoi amici.
Accolsi con gioia l'aria gelida e la leggera
foschia che circondava il giardino. Non potevo
andare avanti così, la mia vita non poteva
racchiudersi unicamente fra queste mura. Io
volevo vivere, gioire e cedere all'amore in tutto
il suo significato, non provare gelosia per gli
altri. Quel pensiero mi colpì all'improvviso.
Oddio, provavo gelosia! Oltretutto per un
uomo che non conoscevo. Portai le mani alle
tempie nel vano tentativo di lenire il mal di
testa, che di minuto in minuto aumentava
minacciando di superare il guiness del primato
raggiunto fin'ora.
Rimasi ferma poco oltre il boschetto
facendomi cullare dalla sensazione di
protezione degli alti fusti. Il corpo iniziò a
tremare, il freddo era piuttosto pungente ma,
non volevo rientrare, non ancora almeno.
Chiusi gli occhi concentrandomi sui suoni
della natura che spesso avevano il potere di
calmarmi e farmi ragionare con più raziocinio.
All'improvviso qualcosa di caldo mi avvolse e
rimasi sorpresa nel constatare che era la giacca
che avevo lasciato in camera mia qualche ora
prima. Sorrisi pronta a ringraziare George, ma
quando mi voltai, il sorriso mi morì sul nascere
nel vedere che l'uomo in questione era lo
sconosciuto dallo sguardo di ghiaccio.
"Fa piuttosto freddo per passeggiare in
giardino con un abbigliamento così leggero."
disse con un'intonazione severa nella voce.
"Ha ragione, la ringrazio per avermi portato la
giacca, avrebbe potuto lasciare l'incombenza a
qualcun'altro. Comunque stavo per rientrare."
gli risposi infastidita dal suo tono di
rimprovero.
L'oscurità che ci avvolgeva non mi permetteva
di vederne i lineamenti o il colore degli occhi,
ma da vicino, era decisamente ancora più alto
e la sensazione di pericolo, che avevo
percepito nella sala, riaffiorò con prepotenza.
"Non è vero!" la sua voce, profonda e sensuale
mi colpì allo stomaco togliendomi il fiato.
"Come scusi?" annaspai in quella domanda.
"Non è vero che stava per rientrare Lussy, la
sua voce nascondeva una mezza verità. Sono
sicuro, che malgrado il freddo sarebbe rimasta
qui ancora per parecchio tempo, anche a costo
di prendersi un malanno. La compagnia in
quella sala è di così poco gradimento per lei?".
Perplessa dall'audacia dell'uomo continuai a
fissarlo.
"Non vedo come la cosa la riguardi. Senta, io
la ringrazio per la giacca, anche se non capisco
come possa averla presa dalla mia camera, ma
non la conosco al contrario di lei che sa come
mi chiamo." gli risposi cercando un modo
gentile ed elegante per allontanarmi
velocemente da lui.
"La sua fuga non è passata inosservata Lussy,
ed Elisabeth era preoccupata che non si
sentisse bene. Mi sono offerto di venirla a
cercare, tutto qua! Comunque, se ci tiene a
saperlo, il mio nome è Marcus."
Sorrisi al pensiero di una Elisabeth in ansia, e
senza pensarci diedi voce al mio pensiero.
"Probabilmente a ragione, non sarei dovuta
andare via così, ma la prego, eviti di dire
sciocchezze su Elisabeth. Quella donna se ne
infischia di me. L'unica espressione che può
apparire su quel volto perfetto, è la
preoccupazione che io sconvolga il suo party
perfetto." dissi agitandomi nella sedia rotelle.
Marcus continuò a fissarmi corrugando la
fronte.
"Non entro in merito al vostro privato, non mi
riguarda, ma una cosa posso assicurargliela.
Conosco Elisabeth da oltre dieci anni, Lussy, e
posso dirle che non è la persona che lei pensa
che sia. Credo che se le desse la possibilità
potrebbe diventare una persona amica e una
piacevole compagnia. Ma non sta a me
valutarne i pregi. Fossi in lei, andrei a fondo
sui miei sentimenti prima di erigere muri con
le persone, la verità potrebbe sorprenderla!" e
senza aggiungere altro afferrò i manubri
spingendo la carrozzina verso casa.
Non parlammo più fin quando non arrivammo
al portico. Gli ospiti se ne erano andati e
attraverso i vetri della portafinestra
osservammo una Elisabeth tremendamente
triste e agitata seduta in una delle grandi sedie
che contornavano la sala. Rimasi a fissare la
sua espressione, e faticavo a credere che fosse
per causa mia. Ma Marcus, colse quel
momento per dirmi un'ultima cosa prima di
sparire alle mie spalle.
"Dalle una possibilità Lussy, non ti è nemica.
Cerca solo di fare le cose perfette per te e tuo
padre, ma in te a trovato una persona che
giudica e svalorizza il suo impegno. Dalle
tregua, dalla ad entrambe." fece il giro
ponendosi davanti a me. Ora le luci dei
lampioni sui muretti attorno permisero ad
entrambi di cogliere ogni sfumatura dei nostri
volti. Il suo, era bellissimo. Rimasi affascinata
dai suoi occhi verdi, così luminosi e profondi
che quasi mi persi al loro interno. Il suo corpo
era un fascio di muscoli scattanti, poco
nascosti sotto la camicia leggermente aperta
sul petto e i pantaloni che ben evidenziavano i
fianchi stretti e le gambe muscolose. Stavo
sbavando e me ne rendevo conto, ma non
potevo farci nulla. Quell'uomo, apparso dal
nulla e tremendamente inquietante, era anche
pericolosamente affascinante.
Avvicinò il viso al mio con un leggero sorriso
fra le labbra e senza preavviso, poggiò le
labbra sulla mia guancia, poco distanti
dall'angolo del mio labbro superiore. Il cuore
prese a battermi follemente e strinsi le mani
sui braccioli nella speranza non si accorgesse
della mia agitazione.
"Ci rivedremmo presto Lussy, è una
promessa." e senza aggiungere altro, sparì oltre
le mie spalle.
Girai su me stessa per guardarlo mentre
spariva verso i parcheggi poco oltre la siepe,
ma lui era già sparito, e nessun rumore di auto
giunse alle mie orecchie in attesa.
Confusa e scossa tornai a concentrarmi su
Elisabeth e le parole di Marcus. Possibile che
aveva ragione lui? Che non avessi dato una
possibilità al nostro rapporto già di per sé
condizionato dal rapporto con mio padre?
Sospirai sciogliendo i capelli e
massaggiandomi la cute indolenzita. Senza
stare a rifletterci troppo entrai dentro
avvicinandomi a lei che mi guardava stupita e
tesa.
"Tutto bene Lussy?" Cos'era quel tono stanco e
arrendevole che coglievo nella sua voce? Le
afferrai una mano stringendola fra le mie e
guardandola negli occhi mi sentii sussurrarle.
"Tranquilla Elisabeth, va tutto bene, avevo
bisogno di un po' d'aria fresca. Scusami per
averti lasciata sola con gli ospiti. "
Accadde all'improvviso, un attimo prima mi
guardava ad occhi spalancati, meravigliata
dalle mie parole, un attimo dopo, crollò in un
pianto dirotto.
Non sapevo cosa fare. Mi prese alla sprovvista
e nervosa cercai con lo sguardo George nella
speranza lui potesse intervenire ma, di lui
neppure l'ombra. Sospettavo stesse spiandoci
da qualche parte, ma non avendone la certezza
scartai velocemente l'idea. Prendendo coraggio
mi sporsi per abbracciarla, e quando vidi che
non si scostava infastidita ma anzi, si lasciò
andare ulteriormente a me, la strinsi più forte.
Marcus aveva ragione. Non conoscevo questa
donna, avevo spezzato ogni possibilità fin
dall'inizio non accettando che mio padre si
risposasse e scaricando su di lei ogni
responsabilità del mio star male. Solo ora mi
accorsi di quanta poca maturità dovevo aver
mostrato fino ad ora.
Mi scostai leggermente da lei per guardarla in
faccia.
"Che ne dici se ricominciamo tutto d'accapo?
Facciamo che ci siamo conosciute oggi per la
prima volta. Sono stanca di tutte queste stupide
tensioni e fraintendimenti fra noi, mio padre
vuole bene ad entrambe e questo mi basta. Ma
ora, voglio conoscere meglio la donna che ha
fatto breccia nel suo cuore nella speranza
possa far breccia anche nel mio. Che ne sai,
magari diventeremo grandi amiche!" le dissi
con un sorriso che si rispecchio subito nei suoi
occhi.
"Sì, o sì Lussy, ricominciamo da zero." e le sue
mani strinsero le mie in una silenziosa
promessa.